martedì 19 luglio 2011








Gente di merda ( PALTALK)



Un grosso pezzo di merda (di qualsiasi tipo) può essere utilizzato (sempre con la dovuta cautela) come cane da guardia economico. Gli ospiti sgraditi saranno così allontanati dall'odore e, se questo non bastasse, saranno spaventati a morte dalla vista di un grosso stronzo senza guinzaglio che corre verso di loro abbaiando come un forsennato.
Molte catene di fast food propongono tra i loro menù piatti a base di merda e derivati, sostenendo che, se un cliente riesce a sopportarne l'odore, troverà nel manicaretto un gusto e una consistenza eccezionali. In particolare la famosaMcDonald's(appunto chiamata anche MerDonald's), che da anni possiede il monopolio della vendita di merda su scala mondiale, ha lanciato ultimamente l'esclusivo "Big McShit Menù Deluxe", con doppio strato di carne, ketchup, e senape affogati in crema di merda fresca.


La merda è presente anche all'interno degli omogeneizzati. Si tratta della versione fritta della normalicus merdus squaqquerusus puzzolentisque, a cui gli studiosi dellaMellin attribuiscono ottime funzioni energetiche. Tuttavia, il sapore non risulta essere squisito; quindi, se vedete dei bimbi che sputano la loro pappa, sapete perché lo fanno. Quindi non date gli omogeneizzati ai vostri figli! la merda viene anche utilizzata dalla Nestlé per produrre gli Smerdis, prodotti simili agli Smartis, ma con quel gusto e consistenza 100% naturale e dalla consistenza biodegradabile..... si riconoscono per l'aroma "CAZZO IN CULO AD UN CANE"!

Un perfetto esempio di merda. Se la tua non è così potresti avere seri problemi. Se così fosse, CONTATTA SUBITO IL TUO MEDICO.
Ciao merde.                                   

lunedì 30 maggio 2011

I DISAGIATI DI PALTALK

Diversamente uguali......ridendo!
 per chi prova a cercare di apparire più normale possibile… anche quando ride! Hey! kakkka_Roma  attenta che che ti si esplodono le emorroidi! 


p.s. ma non preoccuparti si ride anche dall'alto! 



venerdì 20 maggio 2011

La soldatessa alle grandi manovre!( la riconoscete? c'è ma, non si vede, è la piu'... deficiente del gruppo! )
 




mercoledì 18 maggio 2011

 GELOSONAAAAA KAKKKA ROMA


Spesso chi la invoca, come motivo principe, di ogni movimento sulla terra, altrettanto frequentemente ne soffre. Nel senso che la prova.


L’invidia, l’abitudine di confrontarsi con gli altri è molto diffusa e lo è in particolare quando si tratta di relazioni tra uomini e donne.
In molti tendono a confrontarsi con modelli molto distanti e irreali come i personaggi famosi, o con modelli molto vicini e concreti, come gli amici, i colleghi, i parenti più stretti (pensa a quante rivalità ci sono in famiglia tra fratelli e/o tra cugini).
Se succede anche a te, sai che questo non ti aiuta ad amarti al cento per cento: invece saper realizzare sempre il massimo per te è un passo importante per renderti attraente. 



Ma il desiderio di competizione e l’invidia che spesso ne consegue, come tutti i sentimenti e le emozioni umane, insieme a molti aspetti negativi ne ha anche di positivi e importanti.

Hai capito che bisogna guardare oltre?, e tu cara KAKKKA ROMA sei caduta in questo giochetto! si entra in un vicolo cieco che ci toglie autostima ed energia. Conosci qualche esercizio per evitare questa situazione?se vuoi posso insegnartelo.... anche se non sei alla mia altezza!ricorda che l'invidia è la religione dei mediocri! GUARDA, LEGGI E....SOPRATUTTO IMPARA!!



La merce kakkka roma
è una puttana?


La merce, come la puttana, può essere di prima scelta, di seconda mano, avariata, di provenienza sospetta. In ambedue i settori merceologici si può parlare di linea di prodotti (sado-maso, feticisti, ecc.), di soldi, saldi,  offerte speciali, assaggi, campioni, prodotti omaggio, sconti comitiva, militari metà prezzo. In quest’ottica il pappone è una piccola impresa, mai con più di quindici dipendenti, e non vi dico la gestione del personale : gelosie, unghiate, vetriolo e accoltellamenti. Il “pappa pompino" (e la pappa è la prima merce che consumiamo) è quindi un procacciatore d’affari, un agente di vendita mono e plurimandatario, che mira a realizzare al di sopra del prezzo di costo, in quanto gestore delle risorse umane e responsabile della  commessa, (come nella frase : “Mi sono fatto una grossa commessa... pesava 120 chili !”), mentre la prostituta passa da “pubblica peccatrice” a servizio pubblico.   La soluzione è poco consumo e tanto riciclaggio (di cazzate). La cultura del recupero della vecchia puttana, la elegge a materia prima di una diversa destinazione d’uso, in un nuovo rapporto con l’ambiente, fondato sul recupero dei materiali già manipolati dall’uomo e non sull’aggressione alle risorse “vergini” della terra. E lo è tanto più quanto più ogni puttana è stata pensata e predisposta per essere recuperata.        Mano a mano che invecchia, una puttana predisposta per essere recuperata si libera della crisalide della sua precedente funzione per presentarsi nelle condizioni migliori possibili di fronte ai processi [di riuso, riciclaggio, recupero energetico, ecc. .] che la destinano a una funzione nuova. Il “vecchio”, o meglio : la “vecchia”, è qui l’unica o la principale fonte legittima di produzione della nuova, che non è mai tale se non ha interamente assorbito e recuperato le possibilità offerte dalla puttana che la ha preceduta. La nuova eredita le modalità d’uso, le esigenze commerciali da soddisfare e la sorte della vecchia puttana. Presto o tardi anche la nuova finirà in discarica, e il ciclo consumo, cassonetto e inceneritore, nuovo consumo,  rende la puttana l’Araba Fenice della civiltà.
            La cultura del recupero suggerisce comunque una certa cautela. Meglio predisporsi (senza strafare; non esiste infatti puttana buona per tutti gli usi) a un uso flessibile dei materiali di cui siamo consumatori; piegare il nuovo ad una intelligente valorizzazione del vecchio, ad esempio provando ad usare una puttana vecchia e una nuova insieme.
            Ma il problema di fondo è evidentemente quello di promuovere e valorizzare la durata delle puttane che entrano nella nostra vita in modo che, prima di diventare rifiuti, si possano caricare di valori non solo funzionali,  ma anche affettivi ed estetici, senza dover ogni volta cambiare puttana o ricominciare da capo.ma su' daiiiiii cosa vuoi che sia, come dice cecchetto...meglio una torta in tanti, che ,una merda da solo!!! 



martedì 17 maggio 2011

Scaccolarsi

Ars Scaccolandum
La divina arte dello scaccolarsi
ecco cosa possono celare le narici più anguste
consiste nel ripulire le narici nasali da tutte le escrezioni mucose, i batteri e i pezzi di scaldabagno


Bene... nel pomeriggio, girovagando per il web e, soffermandomi su  un portale 0039,sono rimasta incuriosita da un articolo .... consigli di bellezza... "come eliminare i peli dal naso" e mi chiedevo se, fosse un consiglio velato per una sua amica di paltalk JUST.. dato che , è sempre li' in cam a scaccolarsi .. e mi chiedevo ancora, se per dire ad un"amica", SMETTILAAAAAA DI SCACCOLARTI!!! c'era tutta questa esigenza di creare un portale.... abbiate il coraggio di dire tutto in faccia!abbiate il coraggio di dire: anche se meno piacevole,è piu' utile di sditalinarsi L'ANO!!!!! lolol........
Sociologia del cretino
 
beota; cretino; deficiente; ebete; ignorante; imbecille; minorato; rimbambito; rozzo; ... esaltato; fanatico; feticista.
                     bello de mamma_78
.
Che cos’è il cretinismo? Secondo i dizionari si tratta di una malattia caratterizzata dall’ arresto dello sviluppo organico, da deficienza più o meno pronunciata delle facoltà mentali e da altri disturbi collaterali.
Questo, il significato medico. Ma dal punto di vista sociologico esiste la figura del cretino sociale?
Difficile rispondere perché siamo ai confini della sociologia. E per dirla tutta, le discipline sociali non si sono ancora accorte di questo grave problema sociale. Si potrebbe però azzardare una definizione. In questo senso il nostro post è pionieristico. Guarda alla sociologia del futuro.
Probabilmente il cretino sociale maturo ha subito in età adolescenziale un arresto dello sviluppo morale: non è un adulto equilibrato; non è in pace con se stesso né con il mondo che lo circonda; sussistono, insomma, deficienze morali. Inutile qui approfondire le profonde ragioni psichiche (se non psichiatriche, come alcuni sostengono): forse una madre autoritaria, un padre assente, un tata indifferente, compagni di scuola crudeli.  Prendiamo atto che la personalità morale del cretino sociale è incompleta. E che da adulto il soggetto ne diventa consapevole. E con frustrazione. Di qui quel senso profondo di inferiorità, di inadeguatezza che pare schiacciarlo, a prescindere da qualsiasi gratificazione professionale. Il cretino sociale è sempre scontento di sé e del mondo che lo circonda. E’ il terrore dei sottoposti: portinai, tassisti, segretarie, camerieri, fidanzate, mogli e figli se ci sono. Ma al tempo stesso è capace di assumere un comportamento servile nei riguardi di coloro da cui dipende (il che gli costa e acuisce la sua frustrazione). Un caso paradigmatico, semplificando, è quello del mediocre( bello de mamma_78)
Il cretino sociale va diviso in due grandi categorie sociologiche:
1) Il cretino che subisce il mondo;
2) Il cretino che non lo subisce, o lo subisce solo in parte.
Nel primo caso possiamo parlare del cretino rassegnato, o passivo.
Nel secondo del cretino competitivo, o attivo.
La prima tipologia, per riprendere la terminologia di Bauman, designa il cretino allo stato liquido, che passa quasi inosservato, Mentre la seconda indica il cretino allo stato solido e dunque immediatamente riconoscibile… Anche perché maleducato e prepotente.
Quest’ultima è la specie più pericolosa e noiosa e che qui desideriamo approfondire. Perché il cretino competitivo, a differenza del cretino rassegnato, è in conflitto permanente con tutti. Ha perciò una sua rilevanza se non pericolosità sociale. Dal momento che vuole avere sempre ragione. E non importa come. In genere non è persona di cultura, sfrutta la sua preparazione professionale, molto utilitaristica, tentando di portare l’avversario del momento sul suo campo, molto ristretto, dove applica, come si direbbe a Napoli, una logica e una deontologia da paglietta.
In genere si tratta di individui a rischio cardiovascolare e con problemi biliari.( INFATTI A MOLTI E' GIA' SCOPPIATA)) Di regola il cretino competitivo è single. Anche perché, non sapendo decidere sul piano delle relazioni sentimentali tra status e contratto, per dirla con il grande Summer Maine, non riesce a stabilire solidi nuclei affettivi. Di solito preferisce le professioni liberali, perché l’adolescenza difficile (la madre autoritaria, eccetera) lo ha condotto a stabilire con le varie forme di interazione e dipendenza sociale una complicata condizione affettiva (di amore e di odio al tempo stesso). Pertanto il cretino competitivo non pratica sempre la neutralità affettiva, come invece imporrebbe la modernità. Sotto questo aspetto è un essere sociale moderno e pre-moderno al tempo stesso: una chimera sociologica. Orripilante, dal punto di vista sociale s'intende. Per alcuni potrebbe essere addirittura una "sopravvivenza" di un mondo primitivo, pre-industriale, "militare" per dirla con Herbert Spencer. Ma su questo punto preferiamo, per ora, sorvolare.
Il cretino competitivo non vuole vincere ma stravincere, e su ogni terreno. Di qui un grande spreco di risorse individuali e collettive, legato ai conflitti ricorrenti, con se stesso e con gli altri. I quali, di riflesso, se attaccati, devono in qualche modo studiare come difendersi. Siamo perciò davanti a una autentica dépense sociale, per dirla con Bataille. Che potrebbe essere evitata. Per esempio l’autrice  di questo post sospetta di aver gettato via un’ora del suo tempo con un cretino competitivo della peggiore specie.(bello de mamma_78)
Chiunque trovi sulla sua strada il cretino competitivo può ignorarlo nel caso di rapporto acquisitivo (legato a una scelta individuale), mentre non può evitare il conflitto in caso di rapporto ascrittivo (non legato a una scelta individuale). Perché - attenzione - è il cretino competitivo a sceglierti come nemico. Con lui la benevolenza non serve a nulla.
Ad esempio incrociare in Rete - all’interno di un contesto acquisitivo - un cretino sociale competitivo, non rappresenta in termini interattivi un problema insolubile: appena viene individuato lo si può evitare. Ritrovarselo invece come fratello, genitore, collega di lavoro - all’interno di un contesto ascrittivo - può essere veramente fonte di gravi difficoltà individuali e sociali, come abbiamo già notato. Talcott Parsons parlerebbe di “disfunzionalità temporanee”. Noi però non siamo d’accordo. Ma questa è un’altra storia.
Di regola, il cretinismo sociale, nelle due tipologie qui individuate (rassegnato e competitivo), si manifesta a livello endemico. E perciò è ineliminabile. Con picchi nell’ambito della Rete. Infatti, non si capisce ancora perché, ma pare che la Blogosfera sia diventata il terreno di caccia preferito del cretino sociale competitivo. In quest’ ultimo caso, in termini tipologici, si può parlare del cretino competitivo blogosferico. Una sub-specie meritevole di essere studiata.
Comunque sia, si avverte la necessità, nonostante la sociologia del cretino sia ancora agli inizi, di calcolare il costo sociale del fenomeno. Servirà però una buona base empirica e probabilmente una teoria a medio raggio del cretinismo sociale nelle sue due forme, nonché solidi concetti operativi. Di sicuro la lotta alla riduzione del cretinismo sociale è una delle sfide più importanti per la sociologia del XXI secolo.
Anche gli stessi cretini sociali potrebbero, prima o poi, prenderne atto. E magari proprio il cretino competitivo. La speranza è sempre l'ultima a morire.

LA VECCHIA BEFANA HA VENDUTO LA SCOPA?

   ANCHE IL DISTRIBUTORE DEI PRESERVATIVI, VI RESTITUISCE IL DENARO INDIETRO...VACCHE!


                  
Beh! Se la scopa che hai usato fino adesso...è usata e stra-usata da quasi tutte le 'amiche' che ti circondi..
devi solo dire 'MEA CULPA'  e da brava BEFANA quale sei...ti dovevi prima informare..
reputo abbastanza squallido il gioco condotto..da tutte queste 'amiche' (amiche di che?) di orgia?
che come oche al kara-oke incazzate..si contendono il gallo nuovo...
pensando di potersi 'lavare' ..IO SONO LA MEGLIO!.. (meglio?) meglio di chi?..
mettetevi davanti ad uno specchio.. e fermatevi a pensare a tutto quello che avete fatto...nelle room pvt..e fuori dalla chat..
ahahahaha e VOI avete il coraggio di solo..poter pensare di essere a posto di fronte al resto dei frequentatori della chat?
siete una room di MAIALI E SCROFE...senza dignità alcuna..( davanti ad un orgasmo non vi ferma nulla)
la fase di accoppiamento tra di voi...probabilmente vi fà credere di appartenere alla razza ariana...
PECCATO! non è cosi... evidentemente.. non sapete quello che pensano di VOI.
da bravi maiali...state li nella vostra room e cercate di non rompere i coglioni al prossimo..è molto più salutare
HEY befana....si dico a te..la tua vita..è uno schifo?..il tuo uomo..non ti considera?...i tuoi figli ti lasciano sola..e non acettano i viaggi 'regalo' da te?
l'uomo che avevi puntato ..ti ha detto chiaramente che sei vecchia per i suoi gusti personali?..
rilassati...NONNA ABELARDA..c'è sempre mastro geppetto.....concludo..
se hai sofferto per una storia d'amore..e sei stata ripagata da chi avevi puntato... a pesci in faccia...cerca di suicidarti...e per cortesia
fallo senza far rumore..NOI in chat...di te e dei tuoi problemi esistenziali ce ne stra-fottiamo.ARANGIATI NONNA ABELARDA









Filastrocca della Befana
 

La befana vien di notte
come fanno le mignotte!
con il culo tutto rotto...
Vien dal cielo con la scopa
e sui peni pian si posa,
e poi scende lesta lesta
da' i cazzi con la cesta.

La befana é una vecchietta
un po' brutta poveretta,
ma
alle vacche poco importa
se la cesta é colma colma
tutta piena di cazzi,e dildo,
 per riempire le vagine

La befana con la cesta
cerca, cerca cazzi....
e soltanto ai maiali
lei ci mette tanti orgasmi
ma a chi é stato un po' birbone,
lei la colma con... ohhh si... brutta capa di cazzo!

La befana é già sul letto
presto maiali tutti a letto!
Lasciam sola la vecchietta
a riempire la vagina che doman di buon mattino
scopriremo il regalino!


tohhhhhhhhhhh ti è piaciuto il regalino?lolololololol

                            

lunedì 16 maggio 2011

Tanto va' la gatta al lardo che.......ci lascia lo zampino!!!!

      e vaiiiiiiiii giochiamo con Cecchetto!!!!


                                          lollissimooooooooooooooooo               

mercoledì 30 marzo 2011

L'AMORE E' PAZZIA

La passione? È ossessione, scaramanzia, illusione. Perfino violenza.
Insomma, una follia.

I sintomi dell'amore sono molti e variegati, ma storicamente si è sempre pensato che l'ossessione sia quello fondamentale, il disturbo psicologico principale dal quale derivano tutti gli altri. In una certa misura è una posizione ancora valida. Quasi costantemente pensieri e immagini della persona amata precedono e sostengono stati emotivi estremi, come la malinconia e l'estasi. E l'ossessione sembra essere la causa prima di svariati sintomi «fisici» legati all'amore: insonnia e inquietudine sono in genere associate al pensiero ossessivo. Ma che cos'è l'ossessione? Sotto l'aspetto psichiatrico produce un effetto domino, il collasso in serie dei quadri di comando del cervello. Una volta innescato il pensiero ossessivo, una dopo l'altra intervengono nuove complicazioni.
Impossibile toglierselo dalla mente
Secondo la medicina attuale, la diagnosi associata più strettamente al pensiero ossessivo è quella di disturbo ossessivo compulsivo (Doc). Di solito, chi ne è affetto manifesta pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che generano uno stato d'ansia o di disagio. Il paziente prova quindi a ridurre il livello d'ansia assumendo particolari comportamenti, di solito accompagnati da un senso di compulsione (cioè da un impulso che lo obbliga a comportarsi in quel modo). Gli esempi più noti sono una preoccupazione eccessiva per la pulizia e il controllo. Una volta affermatisi, in genere i comportamenti compulsivi diventano rituali, nel senso che per produrre una diminuzione dell'ansia devono essere eseguiti in un modo particolare o secondo un certo standard soggettivo.
Fino a che punto, allora, c'è corrispondenza tra disturbo ossessivo compulsivo e amore? L'accostamento più ovvio è che, sia i pazienti di Doc sia gli innamorati, sembrano incapaci di governare la mente. Pensieri e immagini penetrano nello stato cosciente e non possono essere rimossi. Anche se per chi s'innamora questa esperienza è all'inizio gradevole, ben presto diventa problematica. I pazienti Doc spesso trovano difficile svolgere i compiti quotidiani perché continuamente distratti dalla loro «attività» interna, che può rivelarsi molto invalidante. Lo stesso può dirsi degli innamorati. Ma anche se il principale elemento in comune è l'ossessione, tra innamorati e pazienti di Doc esistono molte altre analogie. Prima di ogni appuntamento, gli innamorati si dedicano a lunghi e minuziosi rituali di lavaggio e pulizia. Per prepararsi in modo adeguato prestano massima attenzione all'igiene personale, passando in bagno lo stesso tempo di molti pazienti affetti da fobie di contaminazione. Quando sono separati, provano spesso il forte impulso a ristabilire un contatto con il partner, una sensazione che può rivelarsi decisamente incontenibile, annientando qualsiasi proposito di “rimanere freddi”. Di norma, le compulsioni di questa natura riducono l'ansia e il disagio, ma come nei casi clinici il sollievo è di breve durata, per cui ben presto ritornano, spesso con intensità maggiore. Gli innamorati tendono a rimuginare e a preoccuparsi eccessivamente che la relazione «non funzioni». Oltre a questo, l'ansia può essere aggravata dall'intrusione di pensieri e immagini perturbanti, che in genere riguardano l'infedeltà della persona amata o la sua storia sessuale. Gli innamorati sono molto scaramantici. Di solito attribuiscono un significato particolare a episodi fortuiti. La canzone che fa da sottofondo al primo appuntamento diventa “la nostra canzone”, una sorta di totem dell'amore in grado di riavvicinare una coppia quando le cose non vanno troppo bene. Gli innamorati hanno ristoranti speciali, tavoli speciali e vini speciali, rituali che vanno ripetuti in giorni speciali.
La amo? Allora mi amerà anche lei.
Una delle caratteristiche più bizzarre del disturbo ossessivo compulsivo, strettamente correlata al pensiero scaramantico, è il fenomeno noto come fusione pensiero-azione. Il termine viene utilizzato da psicologi e psichiatri per indicare chi crede che gli eventi mentali possano influenzare gli eventi del mondo reale. Gli innamorati provano frequentemente qualcosa di molto simile alla fusione pensiero-azione, di solito sotto forma di desideri intensi. Nei primissimi stadi di una relazione, un innamorato può tentare di far succedere un incontro casuale semplicemente pensandoci. Invece di pensare: «Speriamo che oggi sia alla fermata dell'autobus», l'innamorato ripete dentro di sé: «Devi esserci, devi esserci, devi esserci». Frasi del genere sono ripetute più volte, il che suggerisce una fiducia recondita nel fatto che uno sforzo continuativo possa agire come un influsso. I pazienti Doc dubitano praticamente di tutto: di essere sufficientemente puliti, di avere spento un elettrodomestico, di avere ricordi attendibili, di potersi fidare dei loro sensi e dell'efficacia di un particolare rituale per allontanare un pericolo. Come i pazienti ossessivi, gli innamorati non fanno che domandarsi: «Ho un bell'aspetto?», «Avrei dovuto dirlo?», «Che cosa avrà voluto dire?», «Sto correndo troppo?», «Dovrei mandarle un messaggio?», “Lui lo sa come mi serve?”
Gli innamorati, soprattutto quelli insicuri, sono spesso in un continuo processo auto-inquisitorio.
Ipnotizzati dal canto di una sirena
Di tutte le compulsioni associate all'ossessione, quella che spinge all'inseguimento è forse la più forte. E’ come se l'immagine della persona amata, perennemente sospesa nello stato cosciente, esercitasse un'attrazione da cui è impossibile difendersi. Una sorta di miraggio, un richiamo, un'esca irresistibile. Anche nel silenzio più assoluto, l'amante ossessivo continua a sentire il canto di una sirena. Seguire come un'ombra la persona amata è una faccenda pericolosa. Tra gli eccessi dell'amore, questo è il comportamento che più spesso impaurisce o reca offesa. Anche se l'innamorato vive l'inseguimento come un atto di devozione, la persona che lo subisce può facilmente interpretarlo come una sgradita invasione della privacy, o addirittura una molestia. L'amore ossessivo in combinazione con l'inseguimento compulsivo, viene oggi definito erotomania o sindrome di “de Clérambault” e la sua caratteristica principale è una fissazione amorosa. Il paziente è convinto che un altro individuo, col quale ha avuto pochissimi o inesistenti contatti, sia innamorato di lui. Si tratta in genere (ma non sempre) di donne, irresistibilmente attratte da uomini con una posizione sociale più elevata o rispettata, perfino personaggi pubblici o celebrità. Quasi invariabilmente, il "malato" è convinto che sia stato l'altro a innamorarsi e a dichiararsi per primo, e che tale dichiarazione sia troppo sottile perché gli altri possano coglierla, oppure venga inviata nella forma di un messaggio cifrato che soltanto il soggetto può comprendere. Una volta che il "soggetto" ha etichettato come amoroso il comportamento dell’oggetto, lei (o lui) ricambierà il sentimento. Se viene respinto, escogiterà delle ragioni per spiegare (o scusare) il comportamento dell'oggetto. Spesso queste giustificazioni risultano diabolicamente complesse, ma in definitiva permettono al soggetto di continuare a credere nell'amore dell'oggetto. Si tratta di un'efficace forma di difesa, in grado di ridurre alla completa impotenza qualsiasi rifiuto, per quanto esplicito ed estremo. A parte la loro fissazione amorosa di fondo, per tutto il resto i pazienti della sindrome di “de Clérambault” si comportano in modo normale.
Molestatori o inguaribili romantici?
Sotto molti aspetti, i pazienti di erotomania hanno tutte le caratteristiche di un amante romantico. Sono instancabili. Non si lasciano scoraggiare dalle differenze sociali o culturali. Il loro è un amore trascendente, mistico e voluto dal destino. Sono convinti che il vero amore possa superare qualsiasi ostacolo. Non solo, ma persino le caratteristiche più fastidiose dell'erotomania corrispondono, più o meno, all'esperienza dell’amore “normale". Può darsi che le persone normali non ricorrano a "pedinamenti" in senso stretto, ma se sono innamorate moltissime manifesteranno un comportamento che rientra in quella gamma, come fare in modo di trovarsi in un certo posto a una certa ora per aumentare le probabilità di un incontro "fortuito". Nel caso si venga respinti, non è raro distorcere la realtà a scopo di difesa psicologica: «Ultimamente è molto stressata. Sono certo che in realtà mi ama. Le riparlerò tra qualche giorno».
È possibile allora che quello che gli psichiatri indicano come una malattia mentale sia in realtà soltanto un eccesso di amore romantico? Forse la maggioranza degli erotomaniaci sono eroi romantici che hanno ricevuto un «no» come risposta. Il "disturbo" sarebbe quindi determinato molto più dalla risposta dell'oggetto, che non dallo stato mentale del soggetto. Quando invece il sentimento è corrisposto, le questioni legali svaniscono. Rispondendo «si» anziché «no», l'oggetto dell'amore trasforma una lugubre ossessione in una splendida storia d'amore. 






Ecco... rispecchiati! Kakka Roma

La seduttrice è una povera creatura costretta a dissimulare la propria miseria!

Nella società post-moderna lo stravolgimento del senso morale, o anche semplicemente del senso estetico, è arrivato ad un punto tale che, nell'immaginario collettivo, la figura della seduttrice è circonfusa da un'aura gloriosa - un po' come lo è, ma evidentemente in un altro senso, quella dell'uomo cinico e senza scrupoli, disposto a tutto pur di far soldi e conquistare il successo.
Non solo: la figura della seduttrice si è caricata di un languido e irresistibile fascino erotico, come se ella concentrasse in sé tutte le delizie della femminilità; quasi che lei, e lei sola, incarnasse degnamente il prototipo dell'eterno femminino, e a lei sola spettasse, nel senso più pieno della parola, l'appellativo di "donna".
Che le cose stiano in tutt'altro modo; che la seduttrice sia solo una povera creatura debole e nevrotica, sopraffatta da un perenne sentimento della propria inadeguatezza e miseria, e tormentata da una radicale mancanza di autostima, pare che siano in pochi a sospettarlo; anzi, per dirla tutta, pare che  solo pochi abbiano intuito l'intimo dramma di questo tipo umano: che non è affatto quello che vorrebbe sembrare; che non è affatto, nel vero senso della parola, una donna, ma piuttosto una caricatura e un tradimento del tipo femminile più vero ed autentico.
L'equivoco, del resto, comincia già dalla parola che adoperiamo per indicarla: troppo nobile e sofisticata la parola «seduttrice», che suggerisce qualche cosa di raffinato e di estremamente intelligente, qualche cosa che attira l'attenzione dei veri intenditori; in breve, qualche cosa che è degno di essere ammirato e imitato.
Fino a qualche decennio fa, si usava - e si usa tuttora, ma ormai quasi a livello dialettale - una espressione molto più franca e diretta, assai meno pomposa e letteraria: si diceva, semplicemente, «civetta». Oppure, alla francese, si diceva «coquette»: espressione resa celebre dal film omonimo del 1929, diretto da Sam Taylor e interpretato dalla diva del momento, Mary Pickford, tutta fronzoli e sguardi assassini.
Ma il destino delle parole è quello di piegarsi al mutare delle ideologie vigenti in una data società; per cui, al plebeo e biasimevole(Fox- alias Pompino) «civetta», che sa tanto di società pre-industriale ancor legata ai valori forti - e sorpassati - della famiglia patriarcale, valori in odore di maschilismo, si è gradualmente sostituito il più mondano ed elegante «seduttrice», che fa venire in mente Sharon Stone che siede con le gambe accavallate davanti agli inquirenti di un caso di omicidio, lasciando intravedere che, sotto la minigonna, non indossa proprio niente; e intanto fuma con voluttà la sigaretta e provoca con lo sguardo coloro di cui dovrebbe - in teoria - aver timore.
Certo sono stati proprio il cinema, e poi la televisione, a contribuire così potentemente al mutamento del clima morale della società odierna; perché è piuttosto evidente che una povera contadina siciliana o romana, che gioca con l'eros maschile, non è che una misera civetta, una donna da niente, tutt'al più una figura patetica, oggetto di una riprovazione sociale generalizzata; mentre una signora di Londra o di Parigi, che fa le stesse cose, ma nell'ambiente patinato dell'alta borghesia e vestendo abiti simili a quelli delle dive di Hollywood, ebbene quella è proprio una seduttrice, una specie di Cleopatra del mondo contemporaneo: creatura rara e fatale che, se non esistesse, bisognerebbe inventare, per mettere un pizzico di sale nella prosaicità della vita d'ogni giorno.

Scriveva il dottor I. Klug nel suo strano, a volte irritante, ma nel complesso ricchissimo libro «Le profondità dell'anima», che tanti boriosi psicologi odierni, magari di tendenza freudiana, farebbero bene ad andarsi a leggere e a meditare a fondo (titolo originale: «Die Tiefen der Seele»; Torino, Marietti, 1951, p. 159):
«Una forma differenziata particolare di erotismo femminile è quella che si incontra nel tipo della "coquette". La coquette è la donna che gioca con l'eros e, coscientemente o incoscientemente, eccita( preferibilmente, con un  vibratore bleu, illuminato all'interno) nel suo avversario non soltanto l'eros ma anche il sesso, ed accade certo assai più spesso che lo faccia coscientemente che non incoscientemente. Il Simmel distingue tre specie di "coquette" la lusingatrice, l'intrigante e quella che al tempo stesso eccita e disprezza il suo avversario nel gioco d'amore. La lusingatrice lascia intendere: "Tu potresti vincermi, ma io non mi lascio prendere". Quella che eccita e ad un tempo disprezza pare che dica: Io vorrei lasciarmi vincere, ma sei tu che non ci riesci, non sei uomo da tanto". L'intrigante mette in gara l'uno contro l'altro tutti i suoi spasimanti, nel segreto compiacimento o, forse meglio,  pregustando la gioia di poter dire: "Voglio vedere chi di voi saprà vincermi, ma in ogni caso io non vi renderò facile questa vittoria". Nessuna "coquette" merita l'onorevole qualifica di "vergine" o di "donna", per quanto possa essere rispettivamente l'una e l'altra in senso fisiologico. La "coquette" è, se si vuol essere sinceri, sempre in pericolo di diventare una prostituta della fantasia.»
Tre sottotipi, dunque, caraterizzano la donna che ama giocare con l'eros maschile: la lusingatrice;  l'intrigante; e (se così vogliamo chiamarla) la sadica sostanzialmente frigida e, forse, con una grossa componente di omosessualità inconscia; tipi che - è quasi superfluo aggiungere - possono trovarsi di frequente variamente mescolati.
Al primo tipo appartiene Angelica dell'«Orlando Furioso»: eterno oggetto del desiderio, che sfugge continuamente ai suoi corteggiatori; e che, quando smette di fuggire (perché s'innamora nel modo più banale di un fante qualsiasi, Medoro) esce di scena, perché non potrebbe più svolgere l'unico gioco di cui era maestra,(l'abilita' con dildo, e... aggeggi vari!) né più incarnare quel tipo di miraggio.
Al secondo tipo appartiene la protagonista de «La locandiera» goldoniana, che ama mettere in competizione i suoi spasimanti e non tollera che alcuno si sottragga al suo gioco monotono e ossessivo; ne abbiamo già parlato in un recente articolo (cfr. «Mirandolina è il prototipo della donna moderna: fredda, calcolatrice e priva di bontà», consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).
Al terzo tipo appartiene la protagonista del romanzo di Pierre Loüys «La donna e il burattino»; ma vi appartengono anche numerosi personaggi femminili di una galleria ideale che va da Baudelaire a Dostojevskij, a Ibsen, a Strindberg.
Si tratta del sottotipo femminile più complesso e più patologico (tutto il tipo della civetta è patologico, come dicevamo all'inizio, per quanto lo si voglia adornare di orpelli letterari o cinematografici); e, quel che più conta, del sottotipo che oggi - a nostro parere - si sta maggiormente diffondendo, a scapito dei primi due e anche, probabilmente, di molte donne che, in un diverso contesto culturale, avrebbero saputo gestire diversamente la propria femminilità nelle relazioni con l'altro sesso.
È evidente che ci troviamo dinanzi a una patologia grave, e più precisamente del tipo schizoide; non occorre essere esperti psicologi, infatti, per rendersi conto, di primo acchito, che un individuo il quale strutturi la propria vita sociale e affettiva intorno a una doppia esigenza assolutamente contraddittoria, quella di eccitare e quella di respingere - anzi, di respingere disprezzando - soffre di una pronunciata distorsione della struttura psichica ed è destinato ad infliggere continuamente le più gravi sofferenze a se stesso e agli altri (per quanto possa camuffare un tale tormento dietro la facciata di «vittorie» strepitose).
Si tratta, dunque, di un povero essere, miseramente insicuro e intimamente incompleto, perfino mutilato; un essere sciagurato il quale, come il cane idrofobo, brama ardentemente, con tutto se stesso, proprio quel sollievo del dissetarsi che gli è negato da una invincibile ripugnanza nei confronti dell'acqua.
Non c'è proprio niente di romantico, a guardarlo da vicino;(sorprende molto la sua calvizie, con un cranio a forma di fallo) non c'è niente di ammirevole o di invidiabile in una persona che cerca di realizzarsi solo al prezzo di far soffrire gli altri e che gode soltanto dello sterile piacere di misurare la propria potenza, di cui alla fine non sa che farsi, dato che ella è la prima e più tormentata prigioniera di se stessa.
Vale la pena di chiedersi da dove provenga il dilagare di questa infezione, di questa patologia, di questa folle maniera di dissipare nell'infelicità il tesoro della propria anima.
Le cause del fenomeno sono certamente varie e complesse, né ci sarebbe possibile, in un spazio così angusto, esaminarle tutte in maniera adeguata. Riteniamo, tuttavia, che due spicchino sulle altre; e su di esse vogliamo soffermarci a riflettere.
La prima è l'estrema frustrazione con cui l'uomo e la donna vivono la relazione reciproca nella società odierna; conseguenza, a sua volta, di fattori sociali, economici e culturali sempre più invasivi e spersonalizzanti, tipici della società di massa.
L'individuo alienato non riconosce i termini della realtà in cui si muove e non è in grado di elaborare strategie costruttive per uscire dal proprio disagio; tutto quello che sa fare è di prendere a bersaglio un nemico illusorio e di prendere a modello un amico altrettanto illusorio. Così, l'uomo e la donna alienati, frustrati e infelici, tendono a riversare la propria aggressività l'uno contro l'altra, anziché unire le forze nella lotta comune per liberarsi.
In questo modo, la dialettica fra i due sessi (che da sempre, intendiamoci, è fatta anche di competizione e di lotta) si impoverisce e si appiattisce su di un'unica dimensione, quella del gioco per il potere, in cui ciascuno dei due fa a gara per sottomettere l'altro, per ridurlo all'impotenza, per averlo alla propria mercé e trarne un misero surrogato di quel benessere interiore, che solo la liberazione effettiva da ciò che comprime e avvilisce le potenzialità dell'anima, è in grado di arrecare.
Nel caso della donna, ella si sente spinta ad accentuare e ad esasperare oltre ogni limite quella componente aggressiva, sadica e sprezzante che, nella donna normale, esiste, ma viene mantenuta entro limiti accettabili da altri fattori; e che, soprattutto, non diviene mai una forza autonoma e fine a sé stessa, ma rimane costantemente al servizio di altre e più nobili funzioni (ad esempio, mettere alla prova il reale valore del maschio, per verificare fino a che punto la donna possa trovarvi un compagno che sia degno di lei).
La seconda causa crediamo abbia a che fare non con il potere (di un sesso sull'altro), ma con la paura.
In un mondo che corre sempre più in fretta, al puto che alcuni psicologi parlano apertamente, e ormai da anni, di un vero e proprio «shock da futuro», gli esseri umani si sentono sempre più scavalcati dalla fatalità di un preteso progresso che va per la sua strada, senza guardare in faccia a nessuno e che demolisce, dall'oggi al domani, stili di vita, certezze consolidate, valori e punti di riferimento d'ogni genere.
Come nel caso dei passeggeri di una nave che, sballottata dai marosi, appaia in procinto di affondare, così i membri della società post-moderna cercano istintivamente qualche cosa cui afferrarsi, qualche cosa che serva ad esorcizzare, e sia pure solo in forma immaginaria, i pericoli reali contro i quali le loro vite paiono destinate ad infrangersi. Ciò li rende spasmodicamente bisognosi di identificarsi con qualcosa che li faccia sentire un po' protetti, che conferisca loro un senso di sicurezza, e sia pure relativa.
Ebbene, nel caso della donna, questo bisogno nevrotico di sicurezza si riduce, sovente, alla misura dell'indice di apprezzamento che gli altri le riservano nella sfera sociale e affettiva; e quale maniera più certa ed evidente di verificare un tale indice, che mettere alla prova il proprio potere di seduzione sull'altro sesso?
L'etimologia di «sedurre» non viene, come si potrebbe pensare, da «condurre con sé», ma da «sviare» e ha quindi, fin dall'origine, una forte componente negativa. Significa innanzitutto condurre fuori strada, cioè condurre al male; in secondo luogo, attrarre in senso sessuale, ma con l'ausilio di allettamenti e lusinghe, cioè - ancora - in maniera non limpida e onesta; e solo da ultimo attrarre e basta, senza implicazioni di valore.
Pertanto, chi seduce persegue deliberatamente una strategia fondata sul male dell'altro; e chi si lascia sedurre facilmente, o addirittura lo desidera con tutto se stesso, non è che un'anima persa, in attesa del primo padrone che lo voglia comprare.
Ma la cosa più triste è che la donna seduttrice - o la donna civetta, come forse è il caso di tornare a chiamarla, spogliandola di una gloria che non le compete - non mira a sedurre per esercitare un potere effettivo, ma solo per inebriarsi di un potere teorico: rimane, cioè, inappagata ella stessa dopo ogni «conquista», come un miliardario che si ostini a vivere in completa povertà, pur dopo ogni nuovo acquisto di ricchezza.
Non è solo una cosa triste, ma una cosa demoniaca: demoniaca è la condizione di chi impiega ogni suo tempo e ogni energia per combattere una battaglia che, oltre ad arrecare molto male al prossimo, non potrà mai recare un sollievo effettivo a se stesso.
Tale è la condizione della civetta con tendenza sadica: si eccita mediante la capacità di eccitare il maschio; ma poi è respinta dai suoi stessi demoni nella propria solitudine, in uno sterile regno senza luce e senza gioia, perché impossibilitata a realizzare la comunione con l'altro e l'armonia con il proprio autentico sé.
Non vi è nulla di ammirevole, nulla di grande nella sua condizione; al contrario, vi è molto da compatire.
Ma senza disprezzo: questo tipo di donna è, in primo luogo, una vittima, e sia pure di se stessa: delle sue frustrazioni e delle sue paure. La sua salvezza sarebbe quella di trovare un uomo che le faccia capire quanto sia sbagliata la strada che ha deciso di percorrere, credendo di trovarvi un sollievo al proprio disagio esistenziale.
Un tipo d'uomo del genere, però, non è oggi frequente da incontrare; molto più frequente è il tipo meno nobile, meno virile, che non ha alcun sostegno da offrire alla donna, perché, in fondo, è lui che segretamente aspira ad essere dominato, sottomesso e perfino umiliato.
Ed è così che le due solitudini e le due frustrazioni, quella femminile e quella maschile, invece di incontrarsi e di donarsi aiuto reciproco, finiscono per alimentare la spirale perversa che le allontana sempre di più l'una dall'altra; visto che non basta un letto disfatto per creare unione, ma è necessaria la profonda intesa di due anime che non abbiano smarrito l'incanto del mondo, oltre che il rispetto dovuto a se stesse.