martedì 25 gennaio 2011

I DANNI DA ALCOOL!!

       LE ALLUCINAZIONI DA TAVERNELLO
                          (adulterato)

I problemi alcolcorrelati non esisterebbero senza il bere e pertanto bisogna cominciare a parlare di bere e di alcol. L'alcol non è un alimento, perché il corpo non ne ha bisogno, ma è una sostanza tossica, e quindi dannosa per l'organismo. L'alcol è una droga legale: una sostanza è definita droga dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, quando porta dipendenza, crisi di astinenza e problemi nei rapporti sociali, familiari e del lavoro. Quindi l'alcol è una droga. I dati che riguardano il problema alcol sono catastrofici: l'alcolismo è un problema sommerso che uccide fino a 60 volte più dell'eroina. 5 milioni di italiani abusano di alcolici e 1/5 di loro, 1 milione, sono alcolisti. Ogni anno abbiamo 30.000 morti causati direttamente dall'alcol, ed altrettanti come morti indiretti (guida in stato di ebbrezza, suicidi, omicidi). Anche i bambini vengono coinvolti loro malgrado, infatti 3.000 bambini all'anno nascono con sindrome feto alcolica. Le affezioni più gravi che colpiscono gli alcolisti sono la cirrosi epatica, il cancro all'apparato digerente, malattie cardiocircolatorie, tubercolosi e ipertensione, l'aggravamento dell'osteoporosi. Ma non è finita: in 35 incidenti stradali su 100, in oltre metà degli omicidi, in 1/4 dei suicidi, nel 20% degli infortuni sul lavoro, compare come concausa l'alcol. I costi economici e sociali di questo problema sono anch'essi drammatici, e totalmente passati sotto silenzio:
·         quasi il 10% dei ricoveri sono legati al bere
·         dal 20 al 30% dei costi sanitari sono dovuti a patologie legate all'alcol
·         più di 25 milioni di giornate lavorative perse
·         oltre 4 miliardi di lacrime versate dai familiari degli alcolisti ogni anno
Ogni persona ha ovviamente nei confronti del consumo di alcol una specifica posizione personale.
Possiamo distinguere:
·         gli astemi, che non hanno mai bevuto
·         gli astinenti, che per loro libera scelta hanno smesso di bere
·         i moderati, che non è possibile definire perché ogni persona che beve si considera moderata
·         i problematici, per i quali il bere inizia a costituire un problema
 
Bibl. Da informazione sul Web dell’AICAT.








 
Domande e risposte sull'alcol                      vai su




Alcol: cosa è
L'alcol etilico o etanolo è una sostanza liquida ed incolore che si forma per fermentazione di alcuni zuccheri semplici o per distillazione del mosto fermentato. Le bevande alcoliche sono tutte quelle che contengono alcol etilico in una determinata concentrazione indicata per legge nella etichetta della bottiglia.
Per gli effetti che provoca sull'uomo, l'alcol è una droga infatti esso:
Tradizioni e luoghi comuni
II consumo di alcol fa parte della nostra storia e cultura, è diffuso in tutti gli strati sociali e generalmente è associato al festeggiamento, alla gioia, al divertimento.
L'Italia è uno dei primi paesi produttori di vino al mondo, il commercio di alcolici rappresenta una parte importante del nostro reddito e siamo ai primi posti per il consumo medio pro capite di alcol anidro.
La nostra cultura ci insegna che quando si parla di alcol è solo un problema di quantità, ma è proprio così?
Da trenta anni a questa parte le dosi consentite di sicurezza continuano a calare, la dose stabilita oggi non va bene domani; anche la cosiddette piccole quantità possono produrre danni; è comunque facile aumentare progressivamente la dose senza quasi accorgersene.

 
Le nostre tradizioni sono piene di pregiudizi e luoghi comuni sull'alcol vediamone alcuni:
Questi sono solo alcuni dei luoghi comuni sugli effetti positivi dell'alcol. Essi generalmente discendono dalla percezione che si ha degli effetti disinibitori dell'alcol sul nostro sistema nervoso, e dal fatto che la nostra cultura del bere ci dice: "Così fanno tutti", "Così si è sempre fatto", "Non bere è essere diversi"; e la pubblicità ci dice che l'alcol è solo un amico: dà successo e sicurezza.. Alcuni dati sui problemi legati al consumo di alcol
Secondo alcune stime (Gruppo epidemiologico della Società italiana di Alcologia) in Italia su 33.000.000 di bevitori ci sono 4.000.000 di persone che presentano problemi connessi all'uso di alcol ed 1.600.000 alcolisti.
Il numero dei decessi direttamente collegati all'alcol è stimato intorno ai 40.000 morti.
L'OMS suggerisce che nei paesi industrializzati l'alcol sia la causa del 2% della mortalità complessiva.
Un dato signifcativo è quello legato agli anni di vita persi a causa di problemi alcolcorrelati in cui l'alcol incide fino al 10%.
La tabella mette a confronto le diverse sostanze.
Come si può vedere l'alcol pesa maggiormente per quanto riguarda gli anni di vita persi e gli anni vissuti da disabili (dove per disabilità si intende la compromissione di funzioni psicofisiche fondamentali).

 
Fattore % decessi totale % anni di vita persi sul totale % anni vissuti da disabili sul totale % disabilità aggiustata per anni di vita persi sul totale
Uso di tabacco 14,9 16,0 7,4 11,7
Uso di alcol 1,2 5,1 15,6 10,3
Uso di droghe illegali 0,4 1,4 3,3 2,3

Esiste una quantità modica ed una quantità eccessiva?
Spesso si fanno delle distinzioni tra uso e abuso di sostanze (ad esempio tra una quantità moderata di alcol ed una eccessiva).
In realtà da sempre esistono discrepanze tra i vari limiti di moderazione proposti nel corso del tempo. Nessuno parla oggi di uso moderato ed abuso di eroina, mentre per l'alcol, in parte viene accettato il concetto di uso non dannoso.
Questo significa che il concetto di moderazione è strettamente collegato al contesto culturale.
Per questo anche l'Organizzazione mondiale della sanità tende a distinguere tra un uso cosiddetto a rischio ed un uso ad alto rischio.
Tanto maggiore sarà l'uso della sostanza quanto più alti saranno i rischi per la salute.
Possono essere individuati quattro livelli di consumo settimanale:

Non devono assolutamente bere:
Queste indicazioni sono state assunte dal Piano sanitario nazionale italiano 1998-2000. Si deve tenere presente che queste hanno solo un valore indicativo dato che (cone diremo nel paragrafo successivo) i rischi legati al consumo di alcol dipendono anche da molte variabili individuali.
Come calcolare la quantità di alcol ingerita
In ogni bottiglia di bevanda alcolica, i gradi alcolimetrici, presenti per legge su ogni etichetta, ci dicono in quale percentuale l'alcol è presente in un litro di prodotto. Vediamo uno schema riassuntivo della quantità di alcol presente nelle bevande più diffuse.
Gli effetti dell'alcol non dipendono solo dal tipo di bevanda assunta, ma anche da variabili soggettive. Ne elenchiamo alcune:
Diamo comunque delle indicazioni, che possono avere solo un valore generico, dell'effetto dell'alcol sul sistema nervoso centrale 0,05-0,1 % Stato di euforia: minore concentrazione, maggiore tempo di reazione, instabilità emotiva
0,15% Stato di ebbrezza: aumenta la frequenza del respiro e dei palpiti, stato di confusione
0,2% Stato di ubriachezza: incoerenza, mancanza di autocritica, incordinazione motoria, insensibilità al dolore
0,3% Stato di ubriachezza grave: visione doppia, rallentamento grave dei riflessi, grave incordinazione motoria, confusione mentale
0,4% Coma: perdita duratura della coscienza, assenza di sensibilità e di riflessi
0,5% Pericolo di morte

I problemi e le patologie alcolcorrelati
I problemi e le patologie alcolcorrelati sono tutti quei disagi dovuti all'assunzione episodica o continuativa di bevande alcoliche.
Possono essere di varia natura ed influenzano molti aspetti della vita:

Vediamoli in modo più approfondito.
Problemi relazionali
Quando in una famiglia c'è un problema connesso all'uso di alcol si modificano ruoli e funzioni, rendendo più difficile lo stare insieme quotidiano, si comunica con difficoltà e con rancore, i rapporti e i ruoli cambiano, e i rimproveri, le colpe, cadono sul familiare accusato di bere che si sente così escluso e svalutato.
Possono accadere episodi di violenza di vario tipo, che, in alcuni casi, si protraggono nel tempo.
Anche il lavoro ne risente: stanchezza, difficoltà di concentrazione, piccoli incidenti, distrazioni, assenze dal lavoro rischiano di compromettere il rapporto con i colleghi e lo stesso ruolo professionale e con esso rischiano la stabilità economica e sociale dell'intera famiglia.
Non solo cambiano i ruoli e i rapporti all'interno della famiglia, ma anche quelli della famiglia con la comunità. Cominciano a diradarsi i contatti con gli amici e i colleghi.
Altrettanto succede per le attività sportive o di svago, che sono da sempre un modo per socializzare e stare insieme agli altri. Cambia il ritmo e talvolta il tenore di vita e diventa difficile fare programmi insieme.
La famiglia comincia ad isolarsi e purtroppo viene anche isolata dalla comunità.

Problemi sociali
L'effetto di perdita di controllo indotto dall'alcol è alla base di numerosi episodi di violenza (risse, aggressioni, ecc.).
Inoltre l'attenuazione dei riflessi può avere gravissime conseguenze per quanto riguarda incidenti e infortuni. Si stima che in Italia il 10% (pari a 100.000 infortuni all'anno, di cui 150 mortali) degli incidenti sul lavoro siano da attribuire all'assunzione di alcol.
Sulle strade il 46% degli incidenti vede l'alcol come responsabile principale.

Problemi fisici
(Da inserire disegno uomo con possibilità di ciccare sugli organi e vedere i danni)
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    martedì 11 gennaio 2011

    LANCILLOTTO...  E IL SUO DISTURBO "BORDERLINE"

    Che cos’e’ il disturbo Borderline

    Il disturbo borderline di personalità (DBP) è un disturbo di personalità caratterizzato da repentini cambiamenti di umore, instabilità dei comportamenti e delle relazioni con gli altri, marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri. Questi elementi si rinforzano reciprocamente, generando notevole sofferenza e comportamenti problematici. Ne consegue che le persone con questo disturbo, pur essendo dotate di molte risorse personali e sociali, realizzano con difficoltà e a fatica i propri obiettivi.
    Tra i disturbi di personalità, il disturbo borderline è quello che giunge più comunemente all’osservazione clinica. Colpisce il 2% della popolazione. L’esordio avviene in adolescenza o nella prima età adulta.

    Come si manifesta

    Tra le caratteristiche principali di chi presenta il disturbo borderline figura l’instabilità emotiva, che si manifesta con marcati e repentini cambiamenti dell’umore: queste persone possono oscillare rapidamente, ad esempio, tra la serenità e la forte tristezza, tra l’intensa rabbia e il senso di colpa. A volte emozioni contrastanti sono presenti contemporaneamente, tanto da creare caos nel soggetto e nelle persone a lui vicine.
    Queste “tempeste emotive” si scatenano soprattutto in risposta ad eventi relazionali spiacevoli, come, ad esempio, un rifiuto, una critica o una semplice disattenzione da parte degli altri. La reazione emotiva di chi ha questo disturbo è molto  più  immediata, marcata e duratura rispetto a quella delle altre persone (vulnerabilità emotiva), per cui gestire le proprie emozioni diventa più difficile (disregolazione emotiva).
    Nel tentativo di controllare i propri picchi emotivi, le persone con disturbo borderline di personalità ricorrono all’azione impulsivamente, agiscono senza riflettere. L’impulsività si può esprimere con esplosioni di rabbia, litigi violenti fino alla rissa, abuso di sostanze, abbuffate di cibo, gioco d’azzardo, promiscuità sessuale, spese sconsiderate. Possono anche manifestarsi, a volte anche in modo ricorrente, atti autolesivi (es. procurarsi dei tagli sul corpo con delle lamette o delle bruciature con dei mozziconi di sigaretta, ingerire dosi eccessive di psicofarmaci) o tentativi di suicidio.
    Un’altra caratteristica importante di chi ha questo disturbo è la difficoltà a riflettere sulle proprie esperienze, sui propri stati d’animo e sui propri rapporti interpersonali in modo coerente e lineare. Le conversazioni di queste persone appaiono in genere ricche di episodi, scene e personaggi, ma prive di un filo conduttore evidente. In altri casi, invece, sembra che stiano raccontando “tutto ed il contrario di tutto”: il loro punto di vista su sé stessi o sulle altre persone risulta contraddittorio.
    I soggetti con disturbo borderline presentano, inoltre, relazioni con gli altri tumultuose, intense e coinvolgenti, ma ancora una volta estremamente instabili e caotiche. Non hanno vie di mezzo, sono per il “tutto o nulla”, per cui oscillano rapidamente tra l’idealizzazione dell’altro e la sua svalutazione (es. possono dividere il genere umano in “totalmente buoni” e “totalmente cattivi”).  I rapporti iniziano generalmente con l’idea che l’altro, il partner o un amico, sia perfetto, completamente e costantemente protettivo, affidabile, disponibile, buono. Ma è sufficiente un errore, una critica o una disattenzione, che l’altro venga catalogato repentinamente nel modo opposto: minaccioso, ingannevole, disonesto, malevolo. In molti casi le due immagini dell’altro, quella “buona” e quella “cattiva,” sono presenti contemporaneamente nella mente del soggetto borderline, generando ulteriore caos.
    Tutte queste difficoltà incidono drammaticamente sulla stima di sé, per cui i soggetti con questo disturbo si percepiscono, contemporaneamente, sbagliati e fragili. Espressioni come “Non valgo niente!”, “Sono un bluff!”, “Sono inconsistente!”, “Sono orribile!” compaiono frequentemente nei loro pensieri. Trascorrono la maggior parte del tempo a cercare di correggere questi presunti difetti, trattandosi con severità e pretendendo da se stessi cambiamenti impossibili: è una battaglia già persa in partenza, che conferma la loro iniziale percezione di essere sbagliati.
    In questo contesto, a volte l’altro è sentito come giudicante e come se fosse un nemico da cui difendersi. In questi momenti queste persone si sentono fragili, facilmente feribili ed esposte, senza possibilità di difesa e di aiuto, ad un mondo potenzialmente minaccioso e pericoloso. Soprattutto in situazioni di stress, questi soggetti possono presentare degli episodi di ideazione paranoide durante i quali pensano che gli altri abbiano intenzioni malevole e ostili verso di loro. In altri casi, invece, rispondono allo stress con delle crisi dissociative
    A volte riescono a sottrarsi alle forti pressioni  cui sono sottoposti distaccandosi da tutto e da tutti:  entrano in uno stato di vuoto nel quale avvertono una penosa mancanza di scopi. Si tratta di una condizione pericolosa, in quanto in questi stati sono frequenti le tendenze all’azione, come le abbuffate di cibo, l’abuso di sostanze stupefacenti, gli atti autolesivi e i tentativi di suicidio.
    durante le quali perdono transitoriamente le capacità critiche ed il senso di sé. In questi casi, l’emozione dominante è la paura, a cui spesso si associa una sensazione di assoluta solitudine e di totale abbandono da parte degli altri.

    Come capire se si soffre di disturbo borderline di personalità

    In sintesi, i soggetti affetti dal disturbo borderline di personalità presentano disregolazione emotiva ed affettiva con improvvisi attacchi di rabbia, ansie intense ed episodiche, sentimenti di vuoto, instabilità nella percezione di sé e degli altri e comportamenti impulsivi.
    Alcuni di questi sintomi si possono ritrovare anche in altre patologie, per cui, per ricevere una diagnosi seria ed accurata, è necessario rivolgersi a persone qualificate.
    E’ possibile, comunque, fare delle precisazioni che possono aiutare a distinguere questa categoria diagnostica da altre ad essa assimilabili.
    Il disturbo borderline di personalità ha delle caratteristiche in comune con i disturbi dell’umore, in particolare con il disturbo bipolare. Entrambi i disturbi, infatti, presentano degli stati intensi di euforia e di depressione. Il disturbo borderline, tuttavia, è caratterizzato da una disregolazione emotiva pervasiva e da oscillazioni dell’umore dipendenti dal contesto, in particolare dalle relazioni interpersonali. Nel disturbo bipolare, invece, le oscillazioni dell’umore si presentano in modo ciclico ed indipendente dal contesto. Una corretta diagnosi è ulteriormente complicata dal fatto che circa il 50% dei pazienti borderline manifesta anche un disturbo dell’umore (depressione e disturbo bipolare).
    Il disturbo borderline di personalità, inoltre, può essere confuso con il disturbo dissociativo dell’identità, con cui ha in comune un senso di confusione riguardo alla propria identità e le rapide fluttuazioni tra tipi completamente diversi di umore e comportamenti. Nel disturbo borderline, tuttavia, le alterazioni dell’identità non si aggregano in distinte personalità con diversi nomi, età, preferenze, ricordi e amnesie per eventi passati, come avviene nel disturbo dissociativo dell’identità.
    Bisogna anche differenziare il disturbo borderline di personalità da altri disturbi di personalità con caratteristiche simili, in particolare il disturbo dipendente di personalità e il disturbo istrionico di personalità, con i quali ha in comune il timore dell’abbandono da parte delle persone significative, il senso di vuoto e l’idea di essere sbagliato. Un’ultima distinzione va fatta tra il disturbo borderline e la schizofrenia. I due disturbi hanno in comune alcuni sintomi psicotici, ma nel disturbo borderline questi risultano temporanei e dipendenti dallo stato del paziente o dal contesto. I soggetti borderline, infine, hanno un funzionamento personale e sociale maggiore rispetto alle persone affette da schizofrenia.

    Cause

    La letteratura è concorde nell’indicare come fattori di rischio del disturbo borderline di personalità due aspetti che interagirebbero tra loro potenziandosi reciprocamente:
    • un’infanzia trascorsa in un ambiente invalidante, cioè un contesto in cui il soggetto può essere stato esposto a svalutazione dei propri stati mentali (pensieri, emozioni e sensazioni fisiche), interazioni caotiche ed inappropriate, espressioni emotive intense, carenze di cure, maltrattamenti e abusi sessuali;
    • fattori genetico-temperamentali, che predisporrebbero il soggetto allo sviluppo della  disregolazione emotiva.  

    Conseguenze

    Tra le conseguenze principali di questo disturbo figurano l’instabilità nei rapporti interpersonali, lo scarso rendimento lavorativo nonostante le capacità del soggetto, l’abuso di alcool e di droghe e, in casi estremi, il ricorso ad atti autolesivi e suicidari.

    Differenti tipi di trattamento

    Il disturbo borderline di personalità è tra i disturbi più studiati. Il trattamento raccomandato dagli esperti per la cura di questo disturbo è la psicoterapia, eventualmente affiancata dalla farmacoterapia. Orientamenti terapeutici diversi hanno realizzato diversi tipi di terapie per la cura specifica del disturbo borderline. Attualmente risultano maggiormente efficaci i trattamenti che includono terapie diverse e intensive.
    La terapia dialettico-comportamentale (DBT) di Marsha Linehan è un trattamento ad orientamento cognitivo-comportamentale integrato. Secondo la Linehan, la principale difficoltà di chi ha il disturbo borderline è quella di gestire le proprie intense emozioni (disregolazione emotiva). Obiettivi peculiari di questa terapia sono la riduzione dei comportamenti suicidari e dei comportamenti che interferiscono sia con la terapia, che con la qualità della vita del paziente. Questi obiettivi, unitamente alle modalità di cura e alle regole da rispettare, vengono definiti da terapeuta e paziente in uno speciale accordo (contratto terapeutico). Il trattamento della Linehan prevede due ore a settimana di terapia individuale e due o tre ore a settimana di incontri di gruppo (gruppi di skills training e di mindfulness). Negli incontri di gruppo vengono potenziate quelle abilità in cui il paziente risulta carente, in particolare la regolazione delle sue intense emozioni negative. Tale trattamento sembra essere particolarmente indicato per le persone che presentano atti autolesivi e suicidari.
    La schema-focused therapy (SFT) di Jeffrey Young è un trattamento che integra l’approccio cognitivo-comportamentale con approcci basati sulle relazioni oggettuali e sulla Gestalt.
    Secondo quest’approccio, nel paziente borderline sarebbero attivi degli schemi disadattavi precoci e delle strategie di padroneggiamento delle difficoltà che darebbero origine ad altri specifici schemi (es. Bambino abbandonato, Bambino arrabbiato e impulsivo, Genitore punitivo).  Questo tipo di terapia mira, in particolare, al cambiamento degli schemi disfunzionali, alla regolazione emotiva e allo sviluppo di relazioni sane per il paziente.
    La terapia centrata sul transfert (TFP) di Clarkin, Yeomans e Kernberg è una terapia di stampo psicoanalitico. Il suo obiettivo principale è quello di aiutare il paziente a riconoscere, a partire dalla relazione col terapeuta, le rappresentazioni di Sé e dell’altro non integrate (es. dire della stessa persona, a distanza di pochi minuti: “E’ la persona più buona della Terra!” e “E’proprio un infame!”) e a integrarle (es. “E’ una persona disponibile, anche se stavolta mi ha risposto male”). Il contratto tra terapeuta e paziente impegna quest’ultimo a ricorrere anche ad ulteriori risorse terapeutiche (es. terapia farmacologica, periodi di ricovero) nel caso in cui manifestasse comportamenti che minacciano la sua salute e il prosieguo della terapia. Questo trattamento è strutturato in due sedute di terapia individuale a settimana, per la durata di circa due anni.
    Il trattamento basato sulla mentalizzazione di Bateman e Fonagy, di derivazione psicodinamica, è stato applicato finora solo su pazienti in strutture di semiricovero (day hospital). Secondo gli autori, la difficoltà principale di chi soffre di disturbo bordeline è quella di mentalizzazione, che consiste nella capacità di rappresentarsi gli stati mentali propri e altrui, di spiegarsi il comportamento e di prevederlo. Questa terapia, dunque, è volta all’incremento della capacità di mentalizzazione dei pazienti. Il trattamento consiste in tre ore a settimana sia di terapia individuale, che di terapia di gruppo analitica e in un’ora a settimana di terapia espressiva e psicodramma. A questi incontri vanno aggiunti quelli per il controllo della terapia farmacologia e quelli mensili con il gestore del caso.
    Altre terapie per la cura del disturbo borderline, con prove di efficacia inferiori rispetto alle terapie già menzionate, sono la terapia cognitiva per i disturbi di personalità di Beck e Freeman e la terapia cognitivo-analitica di Ryle.
    La terapia cognitiva per i disturbi di personalità (CTPD) di Beck e Freeman è un trattamento cognitivo-comportamentale che si focalizza sul riconoscimento e sulla messa in discussione delle credenze disfunzionali su di Sé, sugli altri e sul mondo. Queste credenze sarebbero generate da distorsioni della realtà (distorsioni cognitive) e costituirebbero gli schemi cognitivi (strutture cognitive di base che permettono di organizzare l’esperienza ed il comportamento). Nel trattamento del disturbo borderline di personalità, il paziente viene aiutato ad individuare e modificare, in particolare, una distorsione cognitiva (pensiero dicotomico) in base alla quale classifica le esperienze solo in due categorie che si escludono a vicenda (es. buono/cattivo). Questo tipo di trattamento dura circa un anno e prevede sedute a cadenza settimanale.
    La terapia cognitivo-analitica di Ryle è un trattamento che integra l’orientamento cognitivo con quello psicoanalitico. Si basa sulla ricostruzione e sul padroneggiamento delle immagini di sé e dell’altro e delle loro transizioni. Questo protocollo risulta indicato per quei pazienti le cui difficoltà principali riguardano il disturbo dell’identità e delle relazioni, piuttosto che i disturbi del comportamento. Si tratta di un trattamento breve (24 sedute e 4 incontri di follow-up) e altamente strutturato.
    La terapia farmacologica attualmente viene utilizzata come supporto alla psicoterapia, per il trattamento dei sintomi del paziente. La sintomatologia di questi pazienti può essere suddivisa in tre grandi aree. Nella prima e nella seconda area vengono incluse rispettivamente le difficoltà di regolazione delle proprie emozioni e dell’impulsività, sintomi che sembrano rispondere molto bene agli antidepressivi di nuova generazione. Nel caso di rabbia molto intensa o di comportamenti a rischio, si ricorre anche a basse dosi di neurolettici atipici. Quando il trattamento con gli antidepressivi risulta insufficiente, si possono utilizzare gli stabilizzatori dell’umore. Nella terza area sintomatologica sono incluse idee persecutorie, idee suicidarie e sintomi dissociativi, per i quali si usano bassi dosaggi di neurolettici, da aumentare se la risposta è insufficiente. Nei casi in cui l’incolumità del soggetto è gravemente a rischio, si può ricorrere ad un ricovero ospedaliero. A questo proposito vanno distinte due situazioni estreme: i tentativi reiterati di suicidio e l’ideazione suicidaria conseguente ad un evento negativo o ad una fase depressiva acuta. Nella prima situazione, generalmente si raccomanda il ricovero in centri  specializzati, dove il soggetto riceve, per periodi anche di qualche mese, cure psicoterapeutiche specifiche per le condotte suicidarie. Nel secondo caso è indicato un ricoveroin ospedale o in clinica psichiatrica finalizzato ad un adeguato e controllato trattamento psicofarmacologico.
    generalmente breve

    Il trattamento cognitivo-comportamentale

    Nell’ambito della terapia cognitiva sono stati realizzati diversi programmi di trattamento per i disturbi di personalità.
    Presso il Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva è stato messo a punto un modello di trattamento denominato metacognitivo-interpersonale per diversi disturbi di personalità, tra cui quello borderline. Il trattamento è strutturato essenzialmente in una psicoterapia individuale, in genere a cadenza settimanale. Obiettivi finali della terapia sono la riduzione della sofferenza e il miglioramento della qualità di vita del paziente, in accordo con le sue esigenze e priorità e tenendo conto delle sue difficoltà.
    Il processo terapeutico comprende i seguenti passaggi, applicati con flessibilità:

    • la creazione, fin dalle prime sedute, di una buona alleanza tra paziente e terapeuta, realizzata evitando il coinvolgimento in dinamiche relazionali patologiche (cicli interpersonali disfunzionali) e ricorrendo ad un accordo sugli obiettivi del lavoro. Dal momento che chi ha il disturbo borderline di personalità è capace di instaurare, nonostante le sue difficoltà, relazioni intense e significative, il terapeuta lo aiuta ad utilizzare questa sua risorsa per creare, a partire proprio dalla relazione terapeutica, rapporti nei quali possa sperimentare un senso di accettazione di sé, di aiuto e di protezione;
    • l’intervento diretto sulle disfunzioni metacognitive tipiche di questo disturbo. Il terapeuta aiuta il paziente a focalizzare la sua attenzione sulle sue difficoltà metacognitive: ne spiega la natura, le caratteristiche e le strategie per affrontarle; lo incoraggia, inoltre, ad osservare il problema al di fuori della seduta e ad applicare le strategie individuate in seduta;
    • l’intervento diretto sugli stati mentali problematici, che comprende l’identificazione degli stati d’animo problematici del paziente durante la seduta, la ricostruzione dei fattori di rischio per la comparsa delle crisi ed i compiti di auto-osservazione degli stati d’animo fuori della seduta;
    • l’aiuto per ricordare i contenuti delle sedute. Questo intervento risulta necessario in quanto i pazienti borderline possono manifestare degli stati dissociativi e non ricordare ciò che avviene in seduta. Una tecnica semplice per aiutarli a rievocare i contenuti della terapia è il ricorso a promemoria compilati insieme al terapeuta.
    Nelle situazioni in cui è a rischio l’incolumità stessa del soggetto (es. stati suicidari, atti automutilanti, abuso di sostanze, guida pericolosa), la sola terapia individuale può non essere sufficiente e viene applicato un trattamento integrato, in cui la terapia individuale metacognitivo-interpersonale è affiancata da incontri con i familiari e/o incontri di gruppo (gruppi di skills training e di mindfulness) e/o dalla farmacoterapia. Questo tipo di trattamento prevede che le varie figure professionali lavorino in équipe.
    Le funzioni degli interventi aggiuntivi sono molteplici. Incontrare i familiari, ad esempio, per spiegare loro cosa succede al loro congiunto e come funziona la terapia, può creare un contesto tranquillizzante attorno al paziente ed avere un effetto benefico sulla sintomatologia. Questo intervento rappresenta, inoltre, una preziosa risorsa nella gestione delle emergenze. Gli incontri di gruppo, invece, possono aiutare il soggetto a rinforzare la comprensione del disturbo, riconoscere e gestire i momenti di crisi, potenziare le abilità interpersonali, ridurre il caos nei rapporti con gli altri e incrementare l’accettazione degli stati di sofferenza.


    domenica 9 gennaio 2011

                      IL TAMARRO FILIPPO_1_1
    Il tamarro è un'entità inferiore, creata dal Signore a immagine e somiglianza di uno qualsiasi dei bulli di periferia di una città qualunque.
    Il termine "tamarro" non è comunque universalmente riconosciuto e il personaggio in questione assume diverse nomee a seconda del luogo nel quale risiede. Come le antiche divinità , adorate con nomi differenti ad Atene e a Roma, il tamarro assume varie denominazioni a seconda della zona d'Italia nella quale viene avvistato.

    Abbiamo così tribù di gaurri, zarri, cuozzi, cataruozzoli. Il tamarro non ha particolari limiti geografici, potrete trovarlo praticamente ovunque, tranne che nei luoghi ove aleggi un sentore anche minimo di cultura (es. una biblioteca, un museo, una libreria…), una sorta di criptonite per lo sconsiderato essere in esame. Sono queste zone pericolose per il tamarro, che non può rimanervi per un tempo superiore alla frazione di nanosecondo, pena la morte fisica, non cerebrale, dato che questa è avvenuta praticamente quando il tamarro era ancora in uno stato embrionale.
    Per dare comunque una collocazione spaziale alquanto precisa, possiamo notare che i tamarri affollano una cittadina campana nomata "Afragola". E' qui che infatti tali individui si raggruppano in branchi e sempre in determinati luoghi, con una densità che può raggiungere quella di 10 individui per metro quadrato. Il tamarro si sposta in branchi, dato che da solo non riesce a esercitare quella funzione intimidatoria scopo stesso della sua vita.
    Per farlo, può usare mezzi a quattro e due ruote, nonché ingegnosi sistemi di palafitte semoventi, usualmente chiamati "anfibi con zeppa di spropositate dimensioni". Procederemo adesso ad un esame, piuttosto superficiale, dei suddetti mezzi di trasporto. Il mezzo a quattro ruote citato può essere una Uno/Punto Turbo i.e. (generalmente giallo limone marcio); una Mini cabriolet. In caso di crisi finanziarie particolarmente gravi, ogni macchina va bene e il tamarro rimedia con appositi e improvvisati Kit di personalizzazione.
    Perché "K" maiuscola? Perché il Kit per antonomasia è quella reminiscenza supercariana di alcuni (molti!) anni fa: ricordate quella striscia di led luminosi che si accendevano e spegnevano in sequenza, posti in un'apposita feritoia sul cofano della macchina di Michael Night? Esattamente, quello che produceva anche un suono strano all'accendersi e spegnersi ritmico dei diodi a emissione di luce. Il Kit è disponibile in vari modelli, con e senza suono e con i led programmabili (naturalmente, è tutto pre-programamto, altrimenti il tutto sarebbe inutilizzabile dal tamarro).
    I meno danarosi rimpiazzano questo insostituibile strumento con tubi semitrasparenti che racchiudono serie di lampadine luminose intermittenti, il cui scopo originario era quello di fungere quali decorazioni natalizie. Abbiamo poi kit (con la "k" minuscola) composti da minigonne, molle per assetti ribassati, marmitte che decuplicano il rumore prodotto dai motori rigorosamente elaborati (a volte con l'ausilio di numerosissimi buchi, in stile cuoio capelluto), compact disk da appendere allo specchietto retrovisore interno (i tamarri autoironici lo sostituiranno con un pratico 78 giri), dadi di peluche, scritte adesive cromate, tribal e altro ancora. Spostiamoci adesso alle due ruote: per le marmitte vale lo stesso discorso delle auto, cambia invece il grado di elaborazione di motore, frizione e altro.
    Risultato dell'elaborazione è un motorino di 181 cc, invece che di 50 cc secondo quanto scritto sul libretto. Le prestazioni subiscono un incremento del 100% in velocità massima, il miglioramento in ripresa e accelerazione è quantomeno incalcolabile in termini numerici. Alle già alte prestazioni conseguite, viene aggiunta una quota variabile, definita dalla "costante di Banf". Si narra così di vespini special che raggiungono i 210 km orari (rilevazione effettuata correndo in parallelo ad una 127 che procedeva alla stessa velocità, guidata da un compagno tamarro quanto basta).
    E questo prima di inserire la terza (o la quarta, in caso di cambi a 4 velocità). Ugualmente si narra di vespe "tagliate", ovvero rese più efficienti dal punto di vista aerodinamico tramite interventi di carrozzeria tesi a minimizzare la superficie frontale del mezzo stesso, capaci di raggiungere la velocità massima in 200 metri (quasi fossero dragsters). Le banfe a proposito sono virtualmente infinite, dato che di leggende metropolitane a proposito ne nascono almeno 10 al giorno. Parlando di motorini, colgo l'occasione per disquisire su un fenomeno molto strano, legato comunque alle capacità cerebrali di un qualsiasi tamarro.
    Provate a osservare uno di questi soggetti quando è alla guida di un qualsiasi motorino: il suo volto è inespressivo, immobile, immutabile. La sua espressione muta solo e solo se il tamarro proferisce in uno dei suoi versi disarticolati, in ogni caso tesi a denigrare in maniera più volgare possibile chiunque intralci la sua circolazione. Ebbene, premesso questo volete sapere perché il tamarro non può azionare i muscoli facciali durante la guida? Presto detto. Il cervello di un tamarro è in grado elaborare una sola istruzione alla volta, con risultati scadenti (prendete ad esempio un qualsiasi computer mono-task con a bordo un 8088).
    Quindi, in conseguenza dell'attaccamento barbaro e ingiustificato del tamarro alla vita, tale misera capacità di elaborazione viene dedicata esclusivamente al perseguimento delle funzioni vitali (respirazione e battito cardiaco). Il tamarro sul motorino quindi, oltre a dover respirare e usufruire degli indispensabili servigi del sangue, deve stare anche attento alle macchine che procedono in qualsiasi senso (spesso contrario, data la predisposizione del tamarro di percorrere solo strade a senso unico, nel verso sbagliato: d'altronde, la vita del tamarro non ha senso…), guardando inoltre entrambi i lati della strada per rilevare la presenza di eventuali cozze impanate, nemesi femminili dei tamarri. Converrete con me che è già abbastanza per mandare in tilt il primordiale encefalo dell'homo demens (definizione scientifica del tamarro).
    In risultato di quanto espresso, sul suo volto rimane congelata l'espressione che il tamarro aveva prima di montare in sella. Fatto strano e inspiegabile, almeno per il momento, è che anche l'eventuale passeggero (irrimediabilmente un tamarro anch'egli) sembra colpito da paresi. Forse (ma è solo un'ipotesi altamente improbabile) uniscono le loro forze mentali per guidare il mezzo. Per amplificare l'intelletto, il tamarro fa uso, durante gli spostamenti (e non solo), di sostanze allucinogene varie o di semplici sigarette, sempre scroccate. Le sostanze allucinogene in questione spaziano dall'hashish all'oppio, passando per giusquiamo, radicchio, e foglie di cicorie. In pratica, il tamarro fuma qualsiasi materia di provenienza anche lontanamente vegetale e soggetta alla combustione.
    Il fumare non pregiudica la guida del mezzo, perché inspirando, il tamarro assimila sostanze terribilmente nocive, espirando espelle, oltre all'aria oramai ricca di anidride carbonica, anche i derivati della combustione psicotropa. Veniamo adesso all'ultimo punto concernente i mezzi di trasporto tamarriani: i piedi. Ultima risorsa del tamarro che non possiede il classico motorino, i piedi, strumenti preziosi, vengo rinchiusi in orribili stivali dotati di generosi rialzi (zeppe di materiali plastici per la cui misurazione ci si serve di strumenti di derivazione aerospaziale), atti a distanziare il più possibile i delicati arti dalla dura terra. In genere di colore nero, sconfinano spesso nella scala dei grigi catarifrangenti e nell'arancione carico, riflettente anch'esso.
    Se a questi colori aggiungiamo il blu, abbiamo ottenuto la palette completa che gli specialisti in moda tamarra usano nelle loro creazioni. Il tamarro si guarda bene dall'esporre le sue delicate pupille alla feroce irradiazione solare: se ne prende cura proteggendole con l'ausilio di voluminosi occhiali da sole a specchio, in grado di coprire da soli oltre la metà della superficie facciale (abbondantemente bombardata dai raggi UVA delle lampade abbronzanti). Di tonalità azzurre, arancioni o semplicemente nere, queste propaggini ottiche conferiscono al tamarro il suo aspetto inconfondibile, specie quando vengono indossate alle due di notte.
    Le forme sono le più varie. Incredibile a dirsi, il tamarro parla. Anzi, più realisticamente, bofonchia, muggisce, genera rumore tramite la stimolazione dei flussi d'aria che avvolgono le sue corde vocali. E quando riesce ad articolare un intera frase, in genere la stessa è priva di senso apparente e viene recepita solo dai suoi simili. Capita, molto sporadicamente (in casi numericamente inferiori alle eclissi di sole) il tamarro cerchi di comunicare con un essere umano: con molto sforzo riuscirà a mettere insieme qualche frase, scorretta nella sintassi, nelle grammatica e nei concetti.
    L'importante, comunque, è farsi capire: il tamarro fallisce anche in questo. Proporrò adesso alcune frasi estratte da una conversazione tra gruppi di tamarri, a proposito di una rissa (gli altri argomenti trattati dai tamarri sono le superbanfe sessuali, l'elaborazione dei mezzi meccanici in generale e gli impianti stereo: di questi ultimi ne parlerò in seguito). Ahò, c'hai na cartina? No, ci ho un cartone! (sguaiate risate in sottofondo degli amici tamarri) Bello, forse non hai capito con chi stai parlando… Non sei neanche l'immondizia che sotto le scarpe… Compare, stai attento, altrimenti potresti trovarti in un matrimonio di schiaffi senza sapere neanche chi ti ha invitato… Devi venire tu e altri cento come te… Per uno come te basto solo io… Poi si passa alle offese verbali nei confronti dei rispettivi familiari, rivolte in genere ai componenti di sesso femminile.
    Si giunge alla goccia che fa traboccare il vaso: in genere è una frase, che cambia in ogni regione d'Italia, tranne che in quelle a statuto speciale, ove è stata unificata. In Campania la frase incriminata è la seguente: "MA A QUANT 'O VVINN?!?!" (Trad. letterale: "MA A QUANTO LO VENDI", frase dal significato oscuro e inspiegabile). La rissa inizia, le due fazioni (una composta da 15 tamarri, l'altra da 3) emettono urla oscene e grida d'incitamento vichinghe, per sollevare l'attenzione degli astanti affinchè possano dividere i litiganti. Il che avviene puntualmente. Il tutto si risolve in un nulla di fatto, nessuno riporta (purtroppo) conseguenze fisiche rilevanti (nessuna estinzione in massa), tranne che gli abiti descritti in precedenza, inutilizzabili. La fazione sconfitta (quella in minoranza numerica) si congeda gridando: "Adesso vado a chiamare…". I paladini che dovrebbero correre in aiuto dei loro protetti (figure retoriche la cui esistenza è veritiera come quella dell'Incredibile Hulk) rispondono ai nomi più terrorizzanti che il tamarro riesce a ricordare (vengono ideati, nella maggior parte dei casi, da menti ben più allenate).
    Abbiamo un classico, Tore 'a Carogna (Salvatore la Carogna), seguito dai meno usuali Pasquale Armageddon, Michele the Crow, Nicolapocalyps, Peppe the Crusher, Demolition Carmine, Giovanni Hell Marcuccio 'o Punitore, Geppino the left arm of Satana e così via… Detto questo, il tamarro sconfitto scompare all'orizzonte, per non farsi mai più rivedere, i vincitori urlano frasi irripetibili, compiacendosi a vicenda della grande impresa compiuta (il tamarro è dannoso in gruppo, da solo vale poco meno di una patata marcia).
    Anche i tamari si riproducono, purtroppo. E, naturalmente, non per partenogenesi asessuata. Già in precedenza ho parlato di motorini e cozze impanate. Dalla fusione dei due elementi, nasce il tacchinaggio, uno degli obiettivi primari del tamarro. Osserviamo la scena: due tamarri, a bordo dell'immancabile motorino (elemento presente in qualsiasi momento della giornata tamarra, compagno di mille tamarrate) avvistano la preda, due esseri di natura umanoide sulla cui carta d'identità, alla voce "Sesso:" segue una improbabile F maiuscola. Sono splendide (agli occhi dei tamarri), nei loro pantaloni arancio che traboccano cellulite, avvolte in raffinati giubbotti neri e lucidi, incredibilmente simili a sacchetti della spazzatura. I due esseri di sesso femminile prima fingono di scacciare i due pretendenti, gridando loro frasi sconce e sacrileghe per una bocca femminile. I due tamarri contrattaccano, e per non essere da meno, rincarano la dose. Il motorino segue i due abomini (la loro voce potrebbe essere ricreata unendo i diagrammi vocali di Ferruccio Amendola, un gruppo di scaricanti di porto e la registrazione live del caos prodotto da un gruppo di fans dei Marylin Manson accorsi ad un loro concerto), diretti verso zone isolate in periferia. Il capolinea.
    L'accoppiamento dura pochi secondi, le due squadre di tamarri si dividono a danno compiuto. Due (nel migliore dei casi) piccoli tamarri affolleranno la terra in un lasso di tempo molto breve (i tamarri nascono alcuni mesi prima dei canonici 9, prima che l'apparato cerebrale sia del tutto sviluppato). Tamarri si nasce, ma lo si diventa anche. E' necessaria, comunque, una predisposizione, senza la quale si è assolutamente immuni dal contagio. Il tamarro può anche civilizzarsi, ma il verificarsi delle condizioni necessarie ad innescare il processo di salvataggio è quanto mai raro. Non tutti i tamarri presentano contemporaneamente tutte le caratteristiche elencate.
    Qualora così fosse, ci troveremmo di fronte ad un campione dei tamarri, il fantomatico "Tamarrone", un essere squallido e abietto, scevro da qualsiasi traccia di senso civico, evitato dagli esseri umani e osannato dai simili, che vedono in lui un modello, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Attualmente, nessuno sa come disfarsi di questi odiosi parassiti, ma le grandi menti del mondo stanno cercando di scoprire la chiave del processo di inversione, senza risultati apprezzabili, almeno per il momento.