ODIO BABBO NATALE!
Non c'è niente da dire né da spiegare: Natale mi fa schifo punto e basta. Sì, odio il Natale, e allora? E poi non è che odio solo il Natale, odio il Natale e tutto quanto gli ruota intorno. Le palline colorate. Luccicanti. Scintillanti. I festoni che penzolano dalle finestre. Le vetrine con la neve finta. I pacchi regalo con la carta riciclata. Odio le strade di Natale. Odio le compere di Natale. Odio perfino l'odore del Natale.
Già.
E le canzoncine? Poco irritanti le stupide canzoncine?
Bhe, giro per le strade e incontro bambini che urlano ai genitori il diritto di avere in regalo nell'ordine: un trenino che va davvero a carbone (Dio salvi le tende della mamma!), un modello di PlayStation così tridimensionale che si diventa tre volte deficiente, un robot emancipato, una pistola giocattolo con proiettili così simili a quelli veri che se ti colpiscono t'ammazzano, la Barbie che batte, Ciccio Bello sifilitico, un'astronave a grandezza naturale che per tenerla in garage papà lascerà fuori la Punto, Goku di peluche che sputa catarro...
Tutto qui. Urla il pargolo, dice che non può vivere senza, no. "Bastardi" grida istericamente.
Camminando per le strade vedo luminarie così brutte che mi vengono i brividi. File di luci a comporre stelle comete, frutta gigante, slitte tirate da renne senza corna (alcune lampadine sono fulminate) e pacchi regalo galattici. Vedo chiese contornate da luci che sembrano rincorrersi, così veloci che se non distogli lo sguardo ti viene il vomito. La città è in preda a una crisi elettrica... Si vergogna di com'è conciata, poveretta, potesse parlare! Dalle porte dei negozi escono immancabili le note di Jingle Bells, maledetto anche colui che l'ha scritta!
Poi la gente... La gente mangia fino a scoppiare. Frutta candita... Zucchero filato... Mi si cariano i denti alla vista! Sciarpe rosse abbinate a berretti e guanti rossi pure loro, come tanti piccoli Babbi Natale...Tutti portano borsine che straripano doni da impacchettare. La corsa per acquistare qualcosa da mettere per le feste è appena cominciata...Sì perché a Natale ci vuole biancheria nuova. Scarpe nuove. Giacche nuove. Maglie nuove. Gonne nuove. E poi il sorriso di sempre, quello finto, quello troppo tirato per essere vero, quello che denuncia quanto dobbiamo essere felici piuttosto di quanto lo siamo davvero.
E c'è pure freddo a Natale. Quel freddo che starei a letto tutto il giorno. Da solo. Raggomitolato nelle coperte a godermi un santo caldo e la mia santa presenza. In silenzio. Con pensieri tutt'altro che natalizi. Fa così freddo che quando esco mi devo conciare come un esquimese d'inverno. Goffo che non riesco a afferrare gli oggetti. Cammino come uno spastico investito da una macchina pochi giorni prima. Il vapore del respiro poi mi rende cieco. La cuffia sordo. Non riesco a piegare le braccia. Non articolo le caviglie. Sbuffo... Maledico il freddo e me stesso per aver abbandonato, chissà poi perché, il letto.
Sì, un freddo che concilia il silenzio. La solitudine. Un freddo che spinge a non sorridere per non spaccarsi le labbra (odio pure il burro cacao!). Che mi spinge a non parlare con alcuno.
Vago come un sonnambulo che sogna qualcosa di troppo irreale per essere vero. Troppo dolce. Troppo melenso. Troppo artificiale. Finto. Programmato. Impossibile.
Cazzo.
I passanti spintonano per passare. Tutti che hanno una maledetta fretta natalizia.
Quasi in preda a una crisi isterica raggiungo l'entrata di un grande magazzino. Un iper, così iper che il parcheggio potrebbe fare provincia. Mi volto indietro a guardare una rissa tra un vecchio e una casalinga, un tamponamento tra due extracomunitari e una scazzottata per l'ultimo carrello disponibile. Poi entro in un lungo corridoio dove i carrelli sembrano macchine di formula uno lanciate verso la prima curva. Uno scarta a destra, l'altro supera a sinistra. Quello urta il sedere della cicciona. Uno frena di colpo, un altro schiaccia contro la parete un bambino col nonno. E io, spinto a tutta birra da chi mi sta dietro, derapo in una pista più larga, in un caldo che neanche a Calcutta il 15 di Agosto.
Entrato!
Dentro l'aria è irrespirabile. Tutti fanno un gran vociare. Arrivato davanti agli articoli sportivi vengo raggiunto e fermato da uno spilungone claudicante vestito da Babbo Natale. La barba bianca gli sta di traverso sulla faccia. Quando parla gli si vedono gli incisivi spezzati. Puzza terribilmente e mentre cerca di estorcere qualche soldo, in cambio di caramelle scadute, intercala le frasi con bestemmie tutt'altro che natalizie. Cazzo e figa come se piovesse!
Mi parla ma il suo sguardo non sembra vedermi. Dice cose gesticolando come un malato di mente. Mi tira la giacca... Inseguendomi perde per strada una scia di caramelle fuori produzione da anni. Poi mi strattona appioppandomi nomignoli tipo "povero coglione" o "sacco di merda". Un tipico Babbo Natale gentiluomo delle favole moderne...
Tiro dritto senza degnarlo di attenzione, faccio finta di non sentirlo, di non vederlo e di non annusare il suo fetore. Ma lui non molla, non cede: è testardo. Mi insegue tra le persone stracariche di roba. Giro a destra facendo la curva in derapata e anche lui gira a destra. Faccio la gimcana tra materiale in esposizione e lui ancora dietro. Accelero all'improvviso, poi curvo a sinistra. Mi faccio scudo con uomo sulla sessantina, corpulento. Gli butto incontro sei bambini che urlano frasi dei cartoni animati giapponesi. Poi stremato mi infilo, con mossa repentina, nel cesso di servizio. Passano dieci secondi. Venti. Un minuto. Ce l'ho fatta. Evviva. Mi ha perso, fottutissimo babbo Natale, ti ho fregato!
Ma poi la porta si apre e lui entra. Mi guarda. "Beccato", dice.
Seduti davanti a un grande bar beviamo coca e mangiamo pizzette con salsiccia malsana: ha un retrogusto che è meglio non indagare. Il tutto offerto da me. Enrico, il Babbo Natale atipico, veniva nella mia scuola: noto delinquente era stato più volte bocciato infilandosi nel tunnel della droga. Era un po' che non lo vedevo, avevo dimenticato fosse esistito. Lui non ricordava di avermi conosciuto, annuiva come fanno gli stranieri che si sono persi. Gli raccontavo qualche aneddoto sulla sua carriera scolastica. Quando alla lavagna si tirò fuori il coso davanti alla prof di matematica. Quando fu beccato a fumare spinelli nell'ora di religione. Quando tirò una sassata dalla finestra colpendo una pattuglia di sbirri.
E quando, dulcis in fundo, fece a pugni col preside.
Aveva vaghi ricordi. Sorrideva con uno sghembo sorriso. Ebete per giunta.
Si faceva di nuovo di eroina, forse ancora per poco. Era chiaro, lampante. Inequivocabile. Era drogato, drogato pesto. Povero Enrico... Un babbo Natale tossico mi doveva capitare!
Lasciato l'amico in balia di un altro trancio di pizza, forse letale, mi allontano furtivo. Guadagno l'uscita evitando i colpi di uomini disposti a uccidere pur di arrivare al parcheggio. Giunto al piazzale mi volto a vedere le luminarie con Jingle bells che mi rimbomba nelle orecchie. Vedo un mega babbo natale ciccione, fatto di mille lucine, che sorride. Rifletto. Il logo del Natale che campeggia, come fosse Dio... "Pagheranno il copyright a qualcuno per quella faccia?" mi chiedo.
Infine, sconsolato, senza energie e intirizzito da un freddo più intenso di quello lasciato all'entrata, guardo la fiumana di carrelli troppo pieni per essere veri. Mi soffermo a fare calcoli mentali di quanta inutilità esca da quel posto. Ci si sfamerebbe uno stato dell'Africa con ogni probabilità, penso. E poi quante cazzate e quanti soldi buttati! Si dice che a Natale siamo tutti più buoni, ma con chi lo siamo? Dov'è tutta la bontà? Nella sporta della spesa? Bho..
Alla fine di questo pensiero scorgo un carrello spinto a fatica da tre facce conosciute. Marito, moglie e figlio. Il piccolo, poco più avanti, urla come un agnello squartato. Grida di muoversi mentre succhia un mega lecca-lecca e tiene con l'altra mano una pistola che sembra vera. Quando capisco chi è so con precisione cosa contiene il carrello senza doverlo guardare. Un Goku scatarrone di peluce. Un'astronave più grande di un'automobile. Barbie puttane e Ciccio Belli malati...
Prima di uscire dalla visuale il bambino mi guarda e fa un dito medio, piccolo e piuttosto cicciotto. Quasi bellino.
Bastardo...
Odio il Natale.
Non ne voglio più sapere. Mi chiudo in casa, seduto nel mio cazzo di divano accendo la tv e faccio lo slalom tra commedie natalizie, pubblicità di panettoni e programmi dove le veline sono agghindate a veline di Natale.
Finalmente!
(Penso: anche quest'anno, presto o tardi, passerà!)
Già.
E le canzoncine? Poco irritanti le stupide canzoncine?
Bhe, giro per le strade e incontro bambini che urlano ai genitori il diritto di avere in regalo nell'ordine: un trenino che va davvero a carbone (Dio salvi le tende della mamma!), un modello di PlayStation così tridimensionale che si diventa tre volte deficiente, un robot emancipato, una pistola giocattolo con proiettili così simili a quelli veri che se ti colpiscono t'ammazzano, la Barbie che batte, Ciccio Bello sifilitico, un'astronave a grandezza naturale che per tenerla in garage papà lascerà fuori la Punto, Goku di peluche che sputa catarro...
Tutto qui. Urla il pargolo, dice che non può vivere senza, no. "Bastardi" grida istericamente.
Camminando per le strade vedo luminarie così brutte che mi vengono i brividi. File di luci a comporre stelle comete, frutta gigante, slitte tirate da renne senza corna (alcune lampadine sono fulminate) e pacchi regalo galattici. Vedo chiese contornate da luci che sembrano rincorrersi, così veloci che se non distogli lo sguardo ti viene il vomito. La città è in preda a una crisi elettrica... Si vergogna di com'è conciata, poveretta, potesse parlare! Dalle porte dei negozi escono immancabili le note di Jingle Bells, maledetto anche colui che l'ha scritta!
Poi la gente... La gente mangia fino a scoppiare. Frutta candita... Zucchero filato... Mi si cariano i denti alla vista! Sciarpe rosse abbinate a berretti e guanti rossi pure loro, come tanti piccoli Babbi Natale...Tutti portano borsine che straripano doni da impacchettare. La corsa per acquistare qualcosa da mettere per le feste è appena cominciata...Sì perché a Natale ci vuole biancheria nuova. Scarpe nuove. Giacche nuove. Maglie nuove. Gonne nuove. E poi il sorriso di sempre, quello finto, quello troppo tirato per essere vero, quello che denuncia quanto dobbiamo essere felici piuttosto di quanto lo siamo davvero.
E c'è pure freddo a Natale. Quel freddo che starei a letto tutto il giorno. Da solo. Raggomitolato nelle coperte a godermi un santo caldo e la mia santa presenza. In silenzio. Con pensieri tutt'altro che natalizi. Fa così freddo che quando esco mi devo conciare come un esquimese d'inverno. Goffo che non riesco a afferrare gli oggetti. Cammino come uno spastico investito da una macchina pochi giorni prima. Il vapore del respiro poi mi rende cieco. La cuffia sordo. Non riesco a piegare le braccia. Non articolo le caviglie. Sbuffo... Maledico il freddo e me stesso per aver abbandonato, chissà poi perché, il letto.
Sì, un freddo che concilia il silenzio. La solitudine. Un freddo che spinge a non sorridere per non spaccarsi le labbra (odio pure il burro cacao!). Che mi spinge a non parlare con alcuno.
Vago come un sonnambulo che sogna qualcosa di troppo irreale per essere vero. Troppo dolce. Troppo melenso. Troppo artificiale. Finto. Programmato. Impossibile.
Cazzo.
I passanti spintonano per passare. Tutti che hanno una maledetta fretta natalizia.
Quasi in preda a una crisi isterica raggiungo l'entrata di un grande magazzino. Un iper, così iper che il parcheggio potrebbe fare provincia. Mi volto indietro a guardare una rissa tra un vecchio e una casalinga, un tamponamento tra due extracomunitari e una scazzottata per l'ultimo carrello disponibile. Poi entro in un lungo corridoio dove i carrelli sembrano macchine di formula uno lanciate verso la prima curva. Uno scarta a destra, l'altro supera a sinistra. Quello urta il sedere della cicciona. Uno frena di colpo, un altro schiaccia contro la parete un bambino col nonno. E io, spinto a tutta birra da chi mi sta dietro, derapo in una pista più larga, in un caldo che neanche a Calcutta il 15 di Agosto.
Entrato!
Dentro l'aria è irrespirabile. Tutti fanno un gran vociare. Arrivato davanti agli articoli sportivi vengo raggiunto e fermato da uno spilungone claudicante vestito da Babbo Natale. La barba bianca gli sta di traverso sulla faccia. Quando parla gli si vedono gli incisivi spezzati. Puzza terribilmente e mentre cerca di estorcere qualche soldo, in cambio di caramelle scadute, intercala le frasi con bestemmie tutt'altro che natalizie. Cazzo e figa come se piovesse!
Mi parla ma il suo sguardo non sembra vedermi. Dice cose gesticolando come un malato di mente. Mi tira la giacca... Inseguendomi perde per strada una scia di caramelle fuori produzione da anni. Poi mi strattona appioppandomi nomignoli tipo "povero coglione" o "sacco di merda". Un tipico Babbo Natale gentiluomo delle favole moderne...
Tiro dritto senza degnarlo di attenzione, faccio finta di non sentirlo, di non vederlo e di non annusare il suo fetore. Ma lui non molla, non cede: è testardo. Mi insegue tra le persone stracariche di roba. Giro a destra facendo la curva in derapata e anche lui gira a destra. Faccio la gimcana tra materiale in esposizione e lui ancora dietro. Accelero all'improvviso, poi curvo a sinistra. Mi faccio scudo con uomo sulla sessantina, corpulento. Gli butto incontro sei bambini che urlano frasi dei cartoni animati giapponesi. Poi stremato mi infilo, con mossa repentina, nel cesso di servizio. Passano dieci secondi. Venti. Un minuto. Ce l'ho fatta. Evviva. Mi ha perso, fottutissimo babbo Natale, ti ho fregato!
Ma poi la porta si apre e lui entra. Mi guarda. "Beccato", dice.
Seduti davanti a un grande bar beviamo coca e mangiamo pizzette con salsiccia malsana: ha un retrogusto che è meglio non indagare. Il tutto offerto da me. Enrico, il Babbo Natale atipico, veniva nella mia scuola: noto delinquente era stato più volte bocciato infilandosi nel tunnel della droga. Era un po' che non lo vedevo, avevo dimenticato fosse esistito. Lui non ricordava di avermi conosciuto, annuiva come fanno gli stranieri che si sono persi. Gli raccontavo qualche aneddoto sulla sua carriera scolastica. Quando alla lavagna si tirò fuori il coso davanti alla prof di matematica. Quando fu beccato a fumare spinelli nell'ora di religione. Quando tirò una sassata dalla finestra colpendo una pattuglia di sbirri.
E quando, dulcis in fundo, fece a pugni col preside.
Aveva vaghi ricordi. Sorrideva con uno sghembo sorriso. Ebete per giunta.
Si faceva di nuovo di eroina, forse ancora per poco. Era chiaro, lampante. Inequivocabile. Era drogato, drogato pesto. Povero Enrico... Un babbo Natale tossico mi doveva capitare!
Lasciato l'amico in balia di un altro trancio di pizza, forse letale, mi allontano furtivo. Guadagno l'uscita evitando i colpi di uomini disposti a uccidere pur di arrivare al parcheggio. Giunto al piazzale mi volto a vedere le luminarie con Jingle bells che mi rimbomba nelle orecchie. Vedo un mega babbo natale ciccione, fatto di mille lucine, che sorride. Rifletto. Il logo del Natale che campeggia, come fosse Dio... "Pagheranno il copyright a qualcuno per quella faccia?" mi chiedo.
Infine, sconsolato, senza energie e intirizzito da un freddo più intenso di quello lasciato all'entrata, guardo la fiumana di carrelli troppo pieni per essere veri. Mi soffermo a fare calcoli mentali di quanta inutilità esca da quel posto. Ci si sfamerebbe uno stato dell'Africa con ogni probabilità, penso. E poi quante cazzate e quanti soldi buttati! Si dice che a Natale siamo tutti più buoni, ma con chi lo siamo? Dov'è tutta la bontà? Nella sporta della spesa? Bho..
Alla fine di questo pensiero scorgo un carrello spinto a fatica da tre facce conosciute. Marito, moglie e figlio. Il piccolo, poco più avanti, urla come un agnello squartato. Grida di muoversi mentre succhia un mega lecca-lecca e tiene con l'altra mano una pistola che sembra vera. Quando capisco chi è so con precisione cosa contiene il carrello senza doverlo guardare. Un Goku scatarrone di peluce. Un'astronave più grande di un'automobile. Barbie puttane e Ciccio Belli malati...
Prima di uscire dalla visuale il bambino mi guarda e fa un dito medio, piccolo e piuttosto cicciotto. Quasi bellino.
Bastardo...
Odio il Natale.
Non ne voglio più sapere. Mi chiudo in casa, seduto nel mio cazzo di divano accendo la tv e faccio lo slalom tra commedie natalizie, pubblicità di panettoni e programmi dove le veline sono agghindate a veline di Natale.
Finalmente!
(Penso: anche quest'anno, presto o tardi, passerà!)
ahahahha adesso sforzatevi anche a leggere!!!!
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