Sulla bocca degli stolti
"Il riso abbonda sulla bocca degli stolti" recita un detto più antico della nostra lingua. "Una risata vi seppellirà" è uno slogan rivoluzionario che fu molto in voga nei tardi anni Settanta, epoca di Indiani Metropolitani e Mao-dadaisti. E, d'altro canto, è noto sin dai tempi di Molière che si piange con il cuore ma si ride con il cervello...Si sa, non si può pretendere che il sapere popolare costituisca un corpus di massime coerenti, eppure presumibilmente la prima delle tre massime resta accettabile anche da chi sostiene le altre due, e pensare che la risata possa essere un'arma vincente contro un potere oppressivo o comunque una dimostrazione di intelligenza non impedisce di diffidare di chi ride troppo spesso o di troppe cose. Si dirà: il riso che abbonda sulla bocca degli stolti non è lo stesso riso che infastidisce i potenti e diletta gli intellettuali. Ma allora, c'è un riso buono e un riso cattivo? Oppure è semplicemente un male ridere troppo? E in entrambi i casi, quale sarà la linea di confine tra il riso buono e quello cattivo, o tra una giusta quantità di riso e una eccessiva?
O non sarà che la bontà o meno del riso dipende semplicemente da ciò di cui si ride, per cui è stolto l'altro che rida di cose sulle quali a parer mio non c'è nulla da ridere? Questa ultima osservazione è probabilmente prossima a quello che verosimilmente accade, ma non sembra aver a che fare con il senso del proverbio latino, che si limita semplicemente a registrare un'abbondanza di riso tra coloro che possono essere giudicati stolti; suggerendo altresì che una semplice eccessiva propensione al riso basti per rendere qualcuno sospetto di stoltaggine. (Sospetto - si badi bene - e non stolto provato, altrimenti la risata astuta stampata sulla faccia di Roberto Benigni ce lo dimostrerebbe stolto, quale non è - e d'altra parte, una buona fetta della sua arte consiste proprio nel fingersi stolto, e mostrare come talvolta lo stolto può vedere quello che al savio è precluso...)
Detti popolari e contraddetti morali
Comunque sia, se è vero che si ride con il cervello, l'abbondanza di riso dovrebbe dimostrare che si fa largo uso di tale organo, anziché il suo contrario. Se pur questo sembra essere nuovamente il caso della comicità di Benigni, e fortunatamente non solo della sua, l'elenco dei ridanciani di grande talento non sembra togliere prestigio all'antico adagio. Insomma, pare che dobbiamo rassegnarci a tenere per valide, perlomeno in linea di principio e assumendo la possibilità di eccezioni locali, tutte e tre le massime: accettando dunque che la risata, pur essendo un prodotto del cervello anziché del cuore e pur potendo destabilizzare i potenti, sia qualcosa che in grande quantità si trova principalmente sulla bocca degli stolti.
Un intellettuale occidentale non può tuttavia mandar giù così facilmente l'idea che uno strumento libertario e razionale possa essere tanto tranquillamente appannaggio degli stolti (quelli veri - giacché fingersi stolto può essere una strategia, come abbiamo visto). Dov'è allora l'inghippo? Io credo che stia semplicemente (ma non troppo semplicemente) nel modo in cui guardiamo le cose; e in una considerazione di fondo tutt'altro che banale.
Cos'è, intanto, la risata dello stolto? Presumibilmente è la risata di qualcuno che ride di ciò di cui sarebbe meglio non ridere. Visto che siamo noi a decidere di cosa sia opportuno ridere e di cosa no, allora la risata stolta sarà sempre quella che in qualche modo ci infastidisce. Qualche volta ci infastidisce perché intende farlo - vuoi per ragioni ideologiche, vuoi per puro dispetto - e qualche volta per semplice e pura ignoranza manifesta di chi ride: entrambi i ridanciani ci appariranno stolti, ma quelli del secondo tipo ci appariranno ancora più stolti degli altri.
Il riso che abbonda sulla bocca degli stolti è evidentemente di quest'ultimo tipo: una produzione gratuita e maldirezionata, che non riesce a contenersi perché non ha una regola.
La risata rivoluzionaria, invece, è proprio quella che infastidisce perché intende farlo - e dal punto di vista di chi ne è il bersaglio non è proprio facile distinguerla da quella stolta tout court. E anche la risata intellettuale di Molière ha qualche caratteristica simile a quella rivoluzionaria.
Ridere con
Ma bisogna prendere in considerazione anche un altro elemento. Né lo stolto, infatti, né il rivoluzionario né l'intellettuale ridono da soli. Si ride sempre con qualcuno, che sia un amico, uno che la pensa come te, o anche solo l'autore della battuta, per quanto remoto nello spazio o nel tempo. La risata è comunque, prima di tutto, l'espressione di una complicità, del trovarsi d'accordo.
Non tutti ridiamo delle stesse cose. Ridere delle stesse battute significa condividere qualcosa. Vi sono cose tali che il solo pensiero che qualcuno ne possa ridere mi riempie di indignazione; e non solo perché ritengo che non se ne dovrebbe ridere, ma anche perché sono consapevole che il riderne è un modo per trovarsi uniti nell'opinione che si tratta di cose di cui si possa o debba ridere.
Il riso, insomma, unisce.
Unisce gli stolti che ridono dell'Olocausto, come gli oppositori politici che ridono del governo, e unisce pure i borghesi gentiluomini che ridono di se stessi, perché si considerano di così larghe vedute da poter accettare persino di poter essere oggetto di risata. Il riso unisce perché la messa in ridicolo di qualcosa o qualcuno presuppone un sistema di valori accettato da tutti. Se io non accetto il sistema di valori di un naziskin ben difficilmente potrò ridere delle stesse cose - e se questo dovesse accadere, sarebbe perché la battuta che ci ha fatto ridere entrambi fa leva su valori che ci sono comunque comuni; oppure perché è presente in essa un'ambiguità di fondo che permette a ciascuno di noi di interpretarla a proprio modo. E anche se così dovesse accadere, io riderei forse delle stesse cose, ma potendo lo farei di nascosto dal naziskin, perché il ridere assieme, il ridere con qualcuno è comunque un riconoscimento di complicità - come ben sanno i seduttori, che per prima cosa cercano di far divertire, e di far ridere la persona alle cui grazie mirano...
Ecco dunque forse la vera ragione per cui il riso abbonda sulla bocca degli stolti. Perché lo stolto è colui che vive di complicità non ragionate, che vorrebbe essere amico di tutti, d'accordo con tutti, indipendentemente dalle opinioni. E ride per creare facili amicizie. Salvo che i non stolti non ci cascano e lo stolto finisce per essere amico di tutti coloro che sono come lui, altri stolti sulla cui bocca il riso abbonda - e ci si incontra su una presunzione di comunità, su un desiderio di appartenenza, su una risata.
La risata che vuole seppellire gli oppressori è a sua volta l'espressione del vincolo che lega i rivoluzionari. In sé, essa potrà forse far male, ma difficilmente seppellirà un Pinochet al potere. Come espressione del vincolo invece, come luogo del riconoscimento collettivo, diventa un arma cruciale per unire le coscienze, e se pure el pueblo una volta unido potrebbe ancora essere vencido, a dispetto dei versi della canzone, sicuramente la sua forza sarà comunque molto maggiore.
Questo principio unificante, coesivo, della risata, è noto sia alle compagnie di amici che ridono insieme e così facendo sanciscono il sistema di valori che rende il gruppo coeso, sia agli animatori turistici che devono costruire l'unità di un gruppo disomogeneo. È noto ovviamente a chi fa politica, pure non rivoluzionaria, e non v'è dubbio che uno dei principi della satira sia quello di dare ragioni di unità ai propri lettori.
È noto infine - come se ne potrebbe dubitare? - a chi gestisce il consenso attraverso le televisioni, cospargendo il palinsesto di occasioni di risata il più delle volte davvero stolta, nel senso pieno che abbiamo visto sopra, cioè inutile, gratuita e maldirezionata - ma che anche quando stolta non è, contribuisce a creare la sensazione di fondo di essere con il 'grande fratello nostro' che tutto gestisce, di condividere con lui i valori più profondi, anche se non sappiamo bene quali siano. Sino al punto di permettergli di gestire davvero tutto, persino la nazione!
Se lo riguardiamo in questi termini, lo slogan dei manifesti degli anni Settanta sembra doversi tristemente ribaltare in qualcosa come "una risata ci sta seppellendo", e sarà probabilmente in gran parte quella risata che abbonda sulla bocca degli stolti, ma purtroppo non solamente quella. Alla luce di queste considerazioni, Molière aveva torto. Se presumibilmente si piange davvero con il cuore, quanto al ridere, il cervello sembra entrare in gioco davvero poco e troppo tardi!
Stolto è colui che si tormenta l’esistenza nell’assillante ricerca di fama e ricchezze, senza concedersi un attimo di tregua.
Tale è la bramosia di fama e di guadagno che alberga negli animi pervertiti. Non queste sole, ma tutte le cose, del resto, sono irreali, e non mette conto né di parlarne né di desiderarne.
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